Roma. La colatura di alici di Cetara sul tetto del mondo
Conoscete la colatura di alici di Cetara? Secondo me non c’è chef che non l’abbia provata o proposta in qualche piatto.
A me piace quella “vera“, non la “sciacquatura” di acqua e sale che al massimo può assomigliare al sapore delle pietre che affiorano dal lago della salatura nel terzigno, la botte di castagno che l’accoglie.
La colatura di alici fatta bene e lasciata maturare per il tempo che serve (non meno di 18 mesi) ha una sua rotondità, una dolcezza che non ti aspetti.
Per questo ho accettato ben volentieri l’invito ad andare al The Deer Club che sarebbe la parte cibo dell’hotel D.O.M – Deo Optimo Maximo – a via Giulia a Roma. La colatura di alici se la usi diventa un richiamo incontrollabile. Ne avevo già fatto uso (e abuso) qualche giorno prima in un’assolata Cetara di metà settembre.
Le temperature estive mi hanno fatto scoprire il lato fresco della struttura disegnata dal proprietario architetto Antonio Girardi dopo che avevo sbirciato quello invernale con tanto di caminetto. La terrazza del D.O.M., pur non godendo delle altezze vertiginose di altre, è un piccolo gioiello.
Ai fornelli per la sessione a 4 mani ci sono lo chef resident Max Mariola, volto televisivo ben noto, e Gennaro Marciante che sta all’Acquapazza, ristorante di Cetara che si approvvigiona della colatura di Acquapazza Gourmet. Una filiera diretta e controllata con l’esperienza e la tradizione della mamma di Marciante e la contemporaneità di un prodotto nella sua veste di boccetta preziosa (lo è anche per il prezzo oltre che per la bontà).
Menu a 4 mani fortemente integrato tra i due chef che ho avuto il piacere di presentare in diretta a Radio Club 91.
I miei commensali sono rimasti un po’ perplessi quando su pane, burro e alici ho aggiunto una-due-tre facciamo anche quattro gocce di colatura. Goduria. Allargata al tavolo.
Stessa sorte è toccata al bon bon di tonno ripieno di stracciatella mentre attendevamo il collegamento radio.
Accanto al tataki di tonno con scarola e polvere di agrumi c’è uno dei pezzi forti dell’Acquapazza di Cetara: il babà a vapore che viene servito nei cestelli di bambù. Il supporto ideale per una “spremutina” del contagocce della colatura.
Ormai il tavolo è all’insegna dello scambio della boccetta. La colatura ravviva la sapidità del mezzo pacchero con alici fresche, pomodoro casalino e mollica croccante.
Stracult, almeno lo è diventato subito per me, il totano rosso ubriacone su crema di patate che accoglie – inutile sottolinearlo – un’altra pompata di colatura di alici di Cetara. L’avevo assaggiato già al ristorante in costiera amalfitana e solo l’effetto visivo è diverso. Croccante e morbido vanno a nozze.
Chiudiamo con il terno vincente della Santa Rosa mignon (altra bella ossessione della costiera amalfitana), della sfogliatella riccia e del babà. Evitiamo giusto su questa portata di aspergere un po’ del sacro liquido.
Lo so, penserete che la colatura è diventata un po’ come il prezzemolo o l’aceto balsamico. Ma assaggiatela prima e poi privatevene.
Vediamo se vi riesce.