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Vino
12 Ottobre 2010 Aggiornato il 6 Aprile 2019 alle ore 19:48

Cab-pride. I Quattro del Cabernet italiano

“Il cabernet sauvignon è un vitigno perfetto” , Attilio Scienza cita un trattatista francese di meta '700 e concorda con lui. L'occasione è la
Cab-pride. I Quattro del Cabernet italiano

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“Il cabernet sauvignon è un vitigno perfetto” , Attilio Scienza cita un trattatista francese di meta ‘700 e concorda con lui. L’occasione è la presentazione di Terre da Cabernet, neonata associazione di aziende da tutta Italia aziende che producono vini di grande qualità dal virigno più famoso del monto e più criticato a sud delle Alpi.

Le aziende fondatrici sono Tenuta San Leonardo, Castello del Terriccio, Montevetrano e Tasca d’Almerita e i loro vini sono (giustamente) famosi e celebrati, da 20 anni mietono successi nel mondo eppure questa mattina a palazzo Taverna l’occasione era solenne ma i toni non sono stati trionfalistici.

Oggi i vini a base cabenet (sauvignon più che franc o carmenere ma insomma…) in Italia non riescono più a affascinare gli appassionati. Nel mondo le cose vadano in altro modo e certi grandi vini non temono rivali sui mercati più importanti (avete presenti le quotazioni dei primeurs di Bordeaux del 2009?) mentre quelli più semplici piacciono grazie alla potenza del nome del vitigno e alle sue caratteristiche universali.

Dalle nostre parti invece nominare il cabernet è causa di ostracismo nei circoli più enoesigenti e Terre da cabernet nasce appunto per modificare questa tendenza. Ci riuscirà? Secondo me la sfida è quasi impossibile e le qualità delle zone delle aziende e dei vini non c’entrano poi molto, il problema sta nella mancanza di una chiara gerarchia di qualità nel mondo del vino italiano. I grandi vini italiani hanno poca storia alle spalle e i cabernet, protagonisti della rivoluzione enologica degli anni ’70 e ’80 del secolo scorso, sono apparsi in tutte le regoni (tranne forse Val d’Aosta e Molise) troppo spesso senza una qualità che ne giustificasse l’impianto. Risultato? Dalle stelle alle stalle in vent’anni.

Però sarebbe troppo facile e ingiusto chiudere qui la partita, grandi cabernet italiani ce ne sono, le varietà internazionali e giramondo non sono sempre superiori a quelle indigene e non dimentichiamo la situazione del vigneto italiano prima della comparsa di Sassicaia o Tignanello!

Per combinazione nell’ultima settimana ho assaggiato e bevuto molti cabernet, più di quanti me ne capitino di solito e ho riscoperto la nobiltà un po’ altezzosa di questo vitigno che si esalta quando le sue note perdono di importanza e la terra si mangia l’uva.

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