Enrico Crippa, l’avventura di un pasto memorabile e leggero
Piazza Duomo dello chef Enrico Crippa era già da tempo tappa irrinunciabile del mio background mangereccio. Soprattutto dopo gli assaggi rock della Scorticata di Torriana.
È stato quindi automatico approfittare della prima occasione per imbarcarmi nell’ennesima avventura fino ad Alba, assaporando un menu di cambio stagione davvero ricco e stimolante. La cucina di Crippa (nella mia prima visita), mi ha colpito per la maestria di saper giostrare leggerezza e godibilità in un vero crescendo di sapori, valorizzando ortaggi, germogli e verdure (provenienti dall’orto personale) in modo sorprendente.
In questo “periodo di mezzo” tra estate ed autunno, il nostro percorso ha visto protagonisti piatti classici e di recente invenzione completamente dettati dall’estro dello chef. Una cena intensa ed in continuo divenire, con preparazioni memorabili e solo un leggero calo (secondo i miei gusti) nel capitolo dolci. Il servizio in sala è millimetrico in ogni dettaglio, movimentato dalla simpatia e professionalità di Mauro Mattei e Manuel Miliccia.
L’esordio a tavola è immediato e scoppiettante, difficile da registrare in maniera definita: innumerevoli snack ed assagini serviti in successione, scanditi da ritmi velocissimi.
Non tutti memorabili, ma rimangono ben fermi in mente e nel palato le “spugne di porcini“, una stupenda ed essenziale “melanzana marinata con olive verdi“, le “nuvole di cioccolato e parmigiano” e le “biglie di formaggio con crema ai broccoli” dalla persistenza magnetica. Interessanti anche i “bicchierini di foie gras e gingerino“, le “gauffre di formaggio“, il “merluzzo secco” e le “olive e peperoni farciti“; tutti esercizi di grande tecnica.
Il primo antipasto folgorante, a base di “sorbetto di mandorle, granita ai ricci di mare e germogli di pisello“, lascia gioiosamente spiazzati per l’armonia tra note dolci e saline perfettamente calibrate. Segue un crescendo ad esaltare le materie prime simbolo di questa stagione:
Tagliatelle di pomodoro. Un divertente assaggio “glutenfree” dalla consistenza sorprendente, ancora con forte richiamo all’estate. L’intensità del pomodoro accarezza il palato sotto forma di tagliatella che tagliatella non è; abilmente sprintato dal basilico ed una spolverata di parmigiano.
Tagliatelle di brodo di funghi, porcini e tartufo. Entusiasmante balzo in autunno, con il bosco che esplode in bocca. Per un amante dei funghi come me, questo piatto è stato uno dei picchi più alti della cena nella sua semplicità e potenza aromatica. Avvolgente e goloso ad ogni forchettata.
Salsiccia e pomodoro. Come esaltare una carne cruda dalla qualità già eccelsa? La risposta di Crippa è in questo piatto, dove contrappunti acidi, dolci e rinfrescanti rendono coinvolgente e dinamica anche una “semplice” battuta di carne. Brillante.
Insalata 41. Sicuramente il “piatto” del viaggio, talmente poliedrico ed emozionante che trovo difficoltà nel descriverlo. A seconda della stagione e dei prodotti disponibili, lo chef compone questa “immensa” insalata di erbe, germogli, semi, frutta secca etc. (che possono arrivare fino a 51 varietà). Il condimento è solo olio extra-vergine d’oliva ed aceto di vino, ma la degustazione in verticale (nell’apposito “vaso” fatto su misura) rivela un crescendo armonioso di consistenze e stimoli aromatici davvero travolgente. La chiusura con l’infuso posto a base dell’insalata vi lascierà senza parole… Indimenticabile.
Zuppa di semi di vinacciolo. Un intermezzo dall’assemblaggio esemplare che preserva grande golosità. Ogni elemento si completa in contrasti di sapori e consistenze, mantenendo un bell’equilibrio. Risolutiva la presenza di peperoni, uovo e calamari planciati con la deliziosa salsa aggiunta all’ultimo.
Melanzane alla Parmigiana. Altra preparazione memorabile, con omaggio alla tradizione. Gli elementi della classica parmigiana sono presentati nel piatto scomposti e rielaborati nella forma e nelle cotture. Niente è ricollegabile alla ricetta originale tranne i singoli ingredienti, ma basta mixare il tutto come una tavolozza di colori, per riprodurre in bocca i sapori intensi e rassicuranti della parmigiana casalinga. Evocativo.
Gambero e mosto d’uva fragola. Quasi un break a rinfrescare il palato, con la carnosità strepitosa del gambero di Sanremo esaltata dall’acidità della salsa. Pungente.
Merluzzo e cavolo nero. Si riparte col botto, ennesima performance in cui le verdure sono chiave portante del piatto. Il merluzzo viene trattato in modo da ricordare il baccalà, con una cottura spaziale ed una polvere della sua pelle dalla salinità esplosiva. La componente vegetale del primo cavolo nero di stagione (in doppia consistenza) eleva il tutto, riportando equilibrio e godibilità coinvolgente.
Cardo e cardo. Direttamente dall’orto, ecco i primi cardi che diventano protagonisti assoluti. Con uno sguardo alla tradizione (quasi a ricordare la bagna cauda) lo chef realizza una salsa stupenda con crema di latte ed acciughe, avvolgendo il cardo in un matrimonio perfetto. Lo sprint ulteriore è conferito dalla parte lipidica del guanciale di porco cinturello, proveniente dall’allevamento selezionato di Crippa.
Crema di patate, Lapsang Souchong. Bomba concentrata di golosità ed opulenza, ormai un classico tra i piatti di Piazza Duomo. La crema si presenta intensa e suadente, arricchita dal tuorlo d’uovo e dalla nota affumicata calibrata a puntino. L’apoteosi si raggiunge con l’inserimento del tartufo novello, che vi porterebbe tranquillamente a spazzolarne una zuppiera. Trascinante.
Vitello alla Pizzaiola. Un piccolo intervallo nella scalata “quasi” perfetta. La carne è di grande spessore, così come la salsa dalla giusta acidità; ma la cottura al vapore non mi convince presentando un morso fin troppo tenace e stoppacioso.
Lingua d’oca e zucchine. Recuperiamo subito, tornando in pista! Qui ci si diverte con le consistenze, in cui la lingua d’oca (mai assaggiata prima) si mostra vigorosa e succulenta; rinfrescata dalla presenza vegetale delle zucchine. Rivelazione.
Risotto ai porcini ed anice stellato. Un grande risotto, istantanea stagionale nel piatto. L’anice e la riduzione sono spunti dinamici ben pensati, con la nota profumata del fungo intensa e sempre presente. Cottura e mantecatura confermano la realizzazione da manuale, anche se rimaniamo perplessi sulla quantità fin troppo esigua della porzione.
Agnello Sambucano, camomilla e latte di capra. Non sono un amante dell’agnello, ma mi è toccato fare un “salto” fino ad Alba per assaporare una grande interpretazione di questa carne. La cottura strepitosa mantiene vivido il taglio riportando un gran risultato al morso. Camomilla e latte, coccolano l’agnello con piacevoli note dolci, accompagnate dalle sempre vincenti verdure dell’orto.
Croccante di semi di zucca e malghesino. Intermezzo dolce/salato davvero spaziale. Le due cialde croccanti forniscono bellisimi giochi di consistenze, preservando un ripieno dalla persistenza lunghissima.
Sorbetto acetosella. Una sorta di reset per il palato, già visto su molte tavole in previsione del dolce. Efficace, ma nulla più… Funzionale.
Colori d’autunno. Interpretazione stagionale del crème caramel, arricchito da accenni di frutta secca e cioccolato. A mio parere poco centrato e non all’altezza del livello di tutta la cena. Evanescente.
Anche i nostri assaggi della piccola pasticceria si dimostrano poco convincenti.
Lo chef si dimostra molto professionale e riservato, carattere umile che rispecchia la grande mano trovata nei piatti. La prima esperienza su questa tavola riporta sicuramente stimoli mai provati prima: una cucina diretta e personale, che invoglia già ad una nuova visita per approfondire le sensazioni assimilate. L’abilità di Crippa nel valorizzare stagioni e territorio è comunque sorprendente, e la mia curiosità porta subito ad architettare una nuova visita nel periodo migliore per il tartufo, re indiscusso di queste terre…