Milano. Zen e l’arte di Mangiari di strada, simbolo di qualità senza contraddittorio
Giuseppe Zen e il suo Mangiari di strada sono l’incarnazione dello street food e l’applicazione concreta del rapporto prezzo felicità. Ne sono quasi sicuro dopo aver messo in pratica uno dei dogmi del cercatore di cibo. Viaggiare per trovare. Il che non vuol dire in maniera estrema perdersi tra boschi e colline alla ricerca dell’ultimo allevatore di maiali bradi. Basta percorrere Via Lorenteggio, periferia ovest di Milano, un po’ prima che finisca Milano.
E’ qui che mi si materializza la teoria della metafisica della qualità nella sua assoluta pericolosià. Ve la copio-incollo: “Io ho la tendenza a fissarmi su un problema filosofico e a girarci intorno in cerchi sempre più stretti che, alla fine, o fanno saltar fuori una risposta oppure diventano così involuti, così ripetitivi, da essere pericolosi per la mia salute mentale”
Il problema filosofico è sempre lo stesso: quanto ci costa la piena soddisfazione da cibo? Bisogna spendere cifre a due zeri in un ristorante o è possibile godere con una pizza da 3 € o un panino di costo simile? Mi involvo, lo confesso, in questi cerchi che mi fanno toccare il croccantino di foie gras di Massimo Bottura e la margherita di Gino Sorbillo. Così, senza soluzione di continuità in un viaggio da Modena a Napoli. Anche senza motocicletta.
Entrare nel capannone un po’ deposito anni ’70, che faceva molto status di cercatore di loden con sconto spropositato, e ritrovare un locale contemporaneo, bello e invitante non ha prezzo. In effetti ce l’ha e lo vedi sulla lunghissima lavagna che avvolge tutto un mondo di proposte. La summa dello street food messo in un unico luogo che ha i caratteri di un self service prendi e paghi subito, di un ristorante ben messo, di un banco da camioncino cresciuto. Una meraviglia, per dirla in breve.
La parte più difficile è la scelta. L’elenco stordirebbe anche il più fiero navigatore di carte e di menu rinvenibili sul suolo italico. Scegliamo per non morire di fame causata da profumi intensi. E so già che ci sarà il rimorso: per quello che non è stato scelto. Chiedere qual è il piatto più richiesto, più conosciuto, quello per cui Mangiari di strada può menare vanto vi sembra eresia?
Ecco cosa abbiamo assaggiato (senza alcun pentimento).
Super Hot Dog. Un wurstel Meraner Siebenforcher, crauti venostani e la senape. Tutto bio come il resto del tabellone (sembra improprio chiamarla lavagna) con un pane morbido e il wurstel croccante quello che serve per affondare morso dopo morso. Una delizia che solo una leggera liquidità della salsa pregiudica la perfezione assoluta.
Bagel naturale con salmone e caprino. Un’altra importazione da New York dove il lox, il salmone tagliato a fette sottili, va insieme alla cream cheese. L’abbinamento del famoso pane a forma di anello da Mangiari di strada è quasi pungente. Leggero, ma consistente. Con un bel carattere.
Culurgiones de casu e menta. Non solo panini, ma anche un piatto “caldo”. Anche qui ci si potrebbe perdere tra zuppe, brodi (di pecora) e affini. L’occhio va sulla pasta ripiena sarda ed è innamoramento istantaneo. Al tavolo si arriva alla richiesta di matrimonio per la consistenza del ripieno.
Cannolo siciliano con ricotta di pecora. Per lenire il senso di inadeguatezza delle scelte rispetto al profluvio di offerte, mi soffermo all’incrocio tra bancone e cassa. Occhieggiano diversi dolci. Vada per il cannolo. Che non è una sbiadita imitazione del dolce siciliano. Tutt’altro.
Riguardo il luogo e mi faccio l’idea che Giuseppe Zen abbia parcheggiato da qualche parte la motocicletta di Robert Pirsig. Sì proprio l’autore del racconto Lo zen e l’arte della manutenzione della motocicletta cui dobbiamo la teoria della MOQ, Metafisica della Qualità.
“La qualità… sappiamo cos’è eppure non lo sappiamo. Questo è contraddittorio”. Ma voi sarete d’accordo.
PS. I prezzi oscillano tra 6,50 e 13 €.
Mangiari di strada. Via Lorenteggio, 269 Milano. Tel. +39 02 4150556