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21 Aprile 2012 Aggiornato il 8 Agosto 2024 alle ore 16:45

Pasta, è boom dell’export. Ma solo un quarto nel mondo è made in Italy

Per un bel piatto di pasta non c'è crisi, anzi. Nel carrello della spesa che si è fatto più leggero da quando l'Occidente ha iniziato il secondo tratto
Pasta, è boom dell’export. Ma solo un quarto nel mondo è made in Italy

Per un bel piatto di pasta non c’è crisi, anzi. Nel carrello della spesa che si è fatto più leggero da quando l’Occidente ha iniziato il secondo tratto discendente di questa micidiale crisi a W e si prepara a risalire nuovamente la china, la pasta è un compagno di strada che non tradisce. Per 10 milioni di italiani arriva tutti i giorni, puntuale, in tavola, e le vendite nei primi mesi del 2012 hanno registrato aumenti del 4,7%, in felice controtendenza sul calo dei consumi alimentari.

Prima ancora che la sdoganasse Frank Bruni, ex gastropenna di punta del New York Times, in ritirata dalle più belle tavole della Grande Mela da quando ha scoperto di avere la gotta, la pasta, esaltata dal mitico stroncatore di ristoranti come pietanza completa e goduriosa, attraversa il suo momento d’oro. Con effetti positivi anche sulla produzione agricola visto che le semine di grano duro sono aumentate, secondo stime di Coldiretti, di 150 mila ettari (+13%).

Nel 2011 gli italiani hanno mangiato 26 chili a testa e la pasta vola anche nell’export con la Cina, in testa tra i paesi importatori (+ 60%, più di sette volte l’incremento medio). Venezuelani e Tunisini gli altri due grandi mangiatori di pasta, che ne divorano, rispettivamente, 13 e 12 chili pro-capite.

Consumi “allegri” che trainano la produzione anche in paesi non tradizionalmente dediti alla dieta mediterranea come gli Stati Uniti, al secondo posto con 2 milioni di tonnellate prodotte, il Brasile (1,3 milioni) e la Russia (858 mila tonnellate). Alla fine della giostra (l’avreste mai detto?) solo un  quarto della pasta prodotta nel mondo è made in Italy.

Va nella direzione opposta l’esperimento di co-marketing siglato da Coldiretti e Coop che produrranno pasta italiana al 100% utilizzando cioè grano prodotto in Italia (nella provincia di Enna) con il vincolo etico di acquistarlo dal contadino a prezzo equo. Con il marchio “100% Italia”, di proprietà per metà di produttori e per la restante metà del marchio Coop, arriverà a breve, sugli scaffali dei 1400 punti vendita, pasta prodotta dal pastificio ennese Cerere in 5 formati. Con qualche marcia in più rispetto a quella che utilizza grano “forestiero”: meno aflatossine e meno inquinamento, innanzitutto, entrambi legati ai lunghi trasporti della materia prima proveniente da mercati esteri e extra-europei.

A benedirla, ieri, c’era anche Massimo Bottura, insieme al nutrizionista Giorgio Calabrese, volto noto della tv , al ministro dell’Agricoltura Mario Catania, al presidente di Coldiretti Sergio Marini e di Coop Italia Vincenzo Tassinari.

Sergio Marini abbandona il sogno della VDO e cede alle lusinghe della Gdo? Non ci risulta infatti che la Vendita Diretta Organizzata, annunciata con grande enfasi più di un anno fa, abbia centrato, nei tempi previsti, gli obiettivi della prima ora: aprire una rete capillare di negozi per la vendita diretta, evoluzione dei farmer’s market, con tanto di location chiusa e assortimento da fare concorrenza al supermercato. La scorciatoia di un’alleanza con il nemico ha i suoi vantaggi: a parte la sintonia con il più “territoriale” dei supermercati, Coop vanta una presenza capillare e i contadini dell’ennese hanno buone speranze di guadagnarci. L’accordo prevede infatti per i produttori un rimborso delle spese e una partecipazione al 50% dei guadagni.

Siamo ansiosi di metterla nella sporta questa pasta autarchica, per vedere se è buona e non costa troppo. Se così fosse, l’esperimento à di quelli destinati a fare scuola.

[Fonte: TMnews.it, ansa.it Foto: ilsalvagente.it ]

 

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