Londra. La pizza napoletana è la vera bandiera della cultura italiana?
Mentre è allarme rinvio – nonostante le 50 mila firme – per dichiarare l’arte dei pizzaioli come Patrimonio Immateriale dell’Unesco, il giornalista dell’Independent Samuel Muston si aggiunge “digitalmente” alla lista di firmatari e dopo un invito da Rossopomodoro a Londra dove ha avuto modo di conoscere Teresa Iorio, la campionessa mondiale (napoletana) tra i pizzaioli, omaggia la pizza napoletana con un articolo.
A me il suo ragionamento è piaciuto, così ve lo ripropongo affinché possiate dire la vostra. Il succo della questione è: la pizza, quella napoletana…s’intende, è il vero leitmotiv della cultura (gastronomica) italiana? Perché dovrebbe essere Patrimonio dell’Unesco, se la pizza napoletana, teoricamente, non “richiede provvedimenti urgenti per essere tenuta in vita”, come regolamento vuole?
La risposta è semplice e qui mi trovo d’accordo col giornalista: non c’è mai stato un alimento italiano il cui nome sia stato così tanto abusato. Quante volte, infatti, abbiamo letto insegne in giro per il mondo con scritto in grassetto, cicciotto, mega-galattico “Solo qui la vera Pizza Napoletana”? Apro e chiudo una parentesi: spero che non ci andiate.
Certo, fatta eccezione di posti come Rossopomodoro. Perché “c’è pizza e pizza“, scrive ancora Muston (e io, ancora, sono d’accordo): e la maggior parte che si trova all’estero è merda assoluta (…se lo scrive lui sull’Independent).
Questo significa che anche se in pratica la pizza napoletana – pur se “abusata” – non potrebbe sicuramente definirsi in estinzione, cosa a quanto pare importante per essere dichiarata Patrimonio dell’Unesco, in teoria invece lo è.
Basti pensare che dal 2010 la pizza napoletana è stata considerata dall’Unione Europea una Specialità Tradizionale Garantita: la sua preparazione deve seguire la storia, i ricettari antichi, gli ingredienti devono essere ben precisi (farina, sale, pomodoro, mozzarella, basilico, etc), di una determinata provenienza. La cottura deve essere in un modo dichiarato. Se non si rispettano tutti questi canoni, la pizza non è napoletana.
D’altronde secondo un recente studio della Confederazione Italiana Agricoltori (CIA), 60 miliardi di dollari di prodotti vengono spacciati come italiani, quando in realtà sono tutt’altro (Samuel Muston lancia anche un appello per i barattoli al sugo di carbonara: sono scioccata della loro esistenza). Una buona parte proverrebbe dal commercio della pizza, considerando anche che – per esempio – negli Stati Uniti, dove le tonde e i tranci tirano parecchio, si consumano 13 chili di pizza procapite ogni anno.
“Dimenticate l’opera e Armani – sta per chiudere il giornalista – il vero leitmotiv della cultura italiana è una pizza ben fatta“.
Mi rendo conto che forse, con tutti quei punti interrogativi a inizio articolo, potrei avervi confuso le idee. Ma lo scopo dell’articolo è sicuramente quello di aprire la mente e ragionare (insieme) su tutto ciò. E a voi, che a questo punto forse un’idea ve la siete fatta, chiedo: è giusto che la pizza napoletana diventi Patrimonio dell’Unesco anche se nel lontano 2017?