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Ristoranti
4 Febbraio 2010 Aggiornato il 24 Gennaio 2012 alle ore 17:08

Alice ristorante di pesce o quant’è brava la chef Viviana Varese a Milano

Milano. Io questa storia che il pesce a Milano sia sempre migliore di ogni parte d'Italia non l'ho mai completamente digerita. Tutti a dirmi guarda che è
Alice ristorante di pesce o quant’è brava la chef Viviana Varese a Milano

Milano. Io questa storia che il pesce a Milano sia sempre migliore di ogni parte d’Italia non l’ho mai completamente digerita. Tutti a dirmi guarda che è il mercato più grande d’Italia, quello dove arrivano i pezzi migliori. E io a spiegare che non è che non ci credo, ma non lo digerisco. Possibile che i tonni migliori volino in Giappone e i pesci prelibati a Milano? E’ la forza della piazza, la ricchezza della città. Mentre nella capitale meneghina al centro della pianura padana, non esattamente bagnata dal mare, si favoleggia di pezzi di gioielleria, a Roma la vulgata vuole che nel porto di Fiumicino entrino le barche con il pesce decongelato e a Salerno, questa è cronaca, spaccino per fresco il pesce avariato. Vabbè, si va per pesce a Milano. Ma al tavolo verrà anche un esperto della fauna ittica e per giunta borbone così che il giudizio sia più possibile fazioso.

alice_milano_ristorante_io

Il ristorante fuori congresso Identità Golose 2010 ha un nome che vale il titolo, Alice. Se ne parla un gran bene anche per via della massiccia presenza femminile, nel “board” come ai tavoli. La rivoluzione neo-femminista delle donne che non sono più gli angeli dei fornelli ma le imprenditrici di un successo di gusto, capeggiata da personaggi come Cristina Bowerman e Sigrid-cavolettodibruxelles (cfr. Corriere della Sera del 30.01.2010), ha in Alice uno dei temi di invitante esecuzione. E se mi dovrò fare una ragione della bontà del pesce milanese, almeno la mia buona Salerno riuscirà a riscattarsi della brutta fama che si era dipinta alle porte del Natale ultimo scorso. Viviana Varese, la chef del Paese delle Meraviglie, a dispetto del suo cognome non è lombarda, ma viene “diritto diritto” proprio da Salerno. Il suo cognome suona molto noto e gradito davanti al Golfo: è il bar del lungomare più conosciuto, Varese appunto. Ed è da lì che Viviana trae la sua progenie. Questo lo apprenderemo solo a fine pasto, ma subito iniziamo facendoci riconoscere di par nostro. Possiamo scattare qualche fotografia? Risposta sorridente. “E perchè no. Molti lo fanno”. Nella sala attigua, siamo scesi di un livello, è tutto un flashare. C’è mezza delegazione slovena che mangia e crea ricordi. Grazie mille. Francesco non se lo fa dire due volte e prende le misure delle luci con il suo cannoncino. La scelta è semplice. Ci avevano avvertito, solo menu Identità Golose. Bene.

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Iniziamo subito con un benvenuto di piccole stuzzicherie. Un involtino con verdura, una focaccina con pomodoro confit, una pallina di baccalà impanata, un mezzo pacchero. Non mi entusiasmano, soprattutto per la frittura. Parlo con il mio esperto commensale che spiega le possibili ragioni del mio disappunto per l’impanatura che se ne va per i fatti suoi come il coniglio inseguito dalla fanciulletta della favola. Nel frattempo sperimentiamo la teoria della notorietà del giornalista/critico/blogger/comunicatore/fotografo che trae vantaggio dalla sua condizione. La signora di servizio al tavolo fracassa la flûte sul tavolo e in prosieguo di serata avremo qualche tempo lungo di troppo dovuto alla pienezza ad uovo del locale. Situazioni che non intaccheranno la nostra voglia di gusto. Che finalmente incontra un valido pifferaio: l’insalata di rinforzo rivista e corretta. Trattasi della portata che accompagna la cena di magro del Natale facendo appunto da rinforzo. Baccalà soave, cavolfiore cui avrei sottratto una parte di materia grassa aggiunta – penso – nella spuma, sottaceto da libidine incontrollabile. Memorabile.

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Comincio a sferragliare con le posate ed ecco che mi arriva un anticipo di carnevale. Il carpaccio e fantasia che, recita la carta, è creato con il pescato del giorno. La nostra piccola pergamena indica quali e la soave fanciulla ci avverte che si può partire da un qualsiasi punto dell’orologio considerato che nessun pesce soverchia l’altro. Ligio al mio dovere di cronista ruoto il piatto in modo da seguire l’ordine pergamenizio e mi piazzo alle meno un quarto. Mela verde con orata e sale all’anice stellato (+), lampone con scorfano e sale alla vaniglia (-), ananas con pezzogna e sale alla liquirizia (-), mirtillo con dentice e sale bianco (++), arancio con ombrina e sale al finocchio (+), panzanella con verdure, croccante di pane e tartare di dentice (+). L’idea di un sashimi in salsa mediterranea è comunque divertente.

alice_milano_ristorante_carpaccio

Mi appassiona di più l’arrivo delle alici che sembrano crude, crostone di pane, crema di verdura, pomodorini confit, cubetto di mozzarella, zeste di limone candito. Spilucco subito la mozzarella, troppo fredda. E poi via con l’ensemble alìceo. Gustoso il pesce con la sua cottura, meno delizioso il pane fritto che mi dà persistenza di olio. Un piatto che ha una sua consistenza verace.

alice_milano_ristorante_alice

Appaiono i mezzi paccheri di Gragnano (Gerardo di Nola) con vongole, tartufi di mare, crema di carote e bottarga fatta da noi che sparisce ben veloce. Ottimo a conferma che non esistono solo le vongole con passaporto straniero.

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Viviana ha deciso inconsapevolmente di toccarmi le corde più profonde del ricordo. Un illustre critico mi diceva nei giorni di Identità Golose che noi non facciamo altro che mangiarci la nostra infanzia, deliziarci di quei ricordi, di quei sapori e di quei profumi. Come dargli torto davanti alla minestra maritata con sette verdure diverse, due brodi e carne mista? Un ripasso del clima natalizio partenopeo che qui a Milano avrebbe bisogno di una legatura maggiore. Per il resto, ordinatela!

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Siamo del Sud, non dimenticarlo, sembra gridare “u’ purpe adda cocere inta l’acqua soja con crema di patate, granita di patate e cialda” che mi riporta alle prime battute di pesca subacquea a Marina del Cantone quando noi ragazzi di stanza al Torre Saracena perlustravamo la mappa delle tane alla ricerca dell’ambita preda: il polpo di scoglio. Che poi invariabilmente finiva ad insalata con quella cottura prolungata. Viviana lo propone con la cottura sottovuoto a bassa temperatura che lo lascia più morbido sulle punte e più duro nella parte di maggiore spessore. Non troppo convincente, per consistenza, ma impagabile per sapore.

alice_milano_ristorante_polpo

E visto che giochiamo al tempo che fu, ecco un altro classico degli anni ’80, il mare e monti, molto in voga sulle colline salernitane e ritengo in mezza Italia. Due consistenze simili, le capesante e le animelle con purè all’anice stellato e salsa di vino di visciole. Molto delicato e ovviamente non ha nulla da “spartire” con la pasta vongole e zucchine emblema di quel connubio tra mondi diversi. Consistenza perfetta, gusto prolungato. Bello davvero.

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Scivoliamo verso le ultime battute con un’insalata di agrumi nobilitata dal miele al bergamotto di Corrado Assenza e il dessert Universo, una mousse al cioccolato, cuore di concerto alla liquirizia, salsa inglese allo zafferano, aceto balsamico invecchiato di gran gusto.

alice_milano_ristorante_dessert

Un passito e quattro chiacchiere con Viviana per sapere della nascita di Alice, lei che viene da una famiglia che ha praticato la ristorazione a ha iniziato a girare pizze a 7 anni molto prima del suo stage a Piacenza, a 21 anni, e al percorso in cui può annoverare Marchesi (con un piatto in carta a lui dedicato), un master sul cioccolato da Santin, un corso all’Alma, dove ha avvicinato la cucina di Moreno Cedroni, e l’apertura del suo primo ristorante, nel 1999, nel lodigiano. Ma le donne chi sono oltre al turbinio di fanciulle che sciama veloce lungo le scale del locale sapientemente rimodernato con un occhio al calore degli ambienti e uno al portafoglio? Lei e le socie. Deborah Napolitano, architetto – ecco – con passione gastroculinaria e Sandra Ciciriello, sommelier-pescivendola hanno unito le forze per dare voce ad una cucina del golfo napoletano e far deliziare 48 clienti serviti da una cucina in cui brigano sette persone. Ah sì, c’è anche qualche maschietto. Che non penso protesteranno per la condizione impari soverchiati da questa generosità di gusto che non è una favola.

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PS A questo giro, il menu Identità Golose era quotato 70 euro. Lo sconto del 15% non l’ha ricevuto il giornalista, ma il salernitano 😉

Alice. Via Adige 9 – 20135 Milano. Tel. 0039.02. 5462930. https://www.aliceristorante.it/index.html

Foto: Francesco Arena


Vincenzo Pagano
Fulminato sulla strada dei ristoranti, delle pizze, dei gelati, degli hamburger, apre Scatti di Gusto e da allora non ha mai smesso di curiosare tra cucine, forni e tavole.
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