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Birra
3 Settembre 2010 Aggiornato il 31 Marzo 2019 alle ore 15:35

Birra. Manuele Colonna: Quanno moro vojo esse fermentato.

Manuele nasce a Roma 38 anni fa, da mamma tedesca e papà romano. Ho ripercorso con lui i suoi trascorsi e mi è parso di rintracciare molte delle
Birra. Manuele Colonna: Quanno moro vojo esse fermentato.

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Manuele nasce a Roma 38 anni fa, da mamma tedesca e papà romano. Ho ripercorso con lui i suoi trascorsi e mi è parso di rintracciare molte delle caratteristiche che gli riconosciamo ora, e che l’hanno reso “publican” per antonomasia del giovane e colorito panorama birrario nazionale. Per cominciare, una forte propensione alla socialità, lui stesso ricorda che casa sua, a Boccea, era un porto di mare sempre aperto agli amici che a volte raggiungevano anche il numero critico di 50. Un giorno, tornato a casa, citofonò per farsi aprire il portone, e la persona che rispose, non conoscendolo, chiese agli altri in casa: “Aho, c’è er Colonna, ma chi cazzo è ?”.

Numerosi i trascorsi, artistici, da cantante fino al 2000 di gruppi Death Metal, amante di musica estrema, e calcistici, generoso tifoso della Lazio, sempre quindi in minoranza nella città, e giocatore di calcetto, come portiere, anche in serie C col Tor di Quinto. Paralleli a questi aspetti, coloriti e particolari, c’è un’altra parte, a mio avviso anche predominante, che lo vede sempre concreto, attento ai particolari e alla qualità delle cose che fa. Dopo il diploma inizia, a fare diversi lavoretti, fra i tanti ricorda quello all’Ikea e per le pagine gialle, si guadagnava però da vivere anche con qualcosa di originale, facendo il dj e con il collezionismo musicale di LP e 45 giri, che rivendeva, con buono spirito commerciale. Degno di nota è anche l’aiuto al papà per aprire una piccola galleria d’arte.

bonbock

Fondamentali per il suo lavoro di publican di successo, due esperienze: la frequentazione, alla fine degli anni ’90, da utente, di “Le Bon Bock” di Stefano Carlucci, un pub storico a Roma, in zona Gianicolense, che aveva 20 anni fa birre che un po’ si distinguevano da quelle della stragrande maggioranza dei pub, egemonizzati dalla grande industria: la Pilsner Urquell, la Cuveè dell’Ermitage, all’epoca della Union di Jumet, l’Andechs,ed altre; ciò però che rendeva originale questo pub era l’attenzione maniacale e professionale alle tecniche di servizio, soprattutto alla spillatura, anche a tre tempi, per servire sempre con un cappello di schiuma di giusta quantità e persistenza.

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Un altro locale importante per la sua formazione è stato il Mastro Titta, frequentato spesso dopo le partite di calcetto, dall’una di notte alla mattina successiva. Da Giorgione ha cercato di rubare l’attenzione alla clientela, la sua capacità a capire con uno sguardo i clienti , come farli sentire a loro agio, o quando e come intervenire, quando si possono creare situazioni difficili. Quest’amicizia si è poi consolidata con il tempo, spesso con viaggi all’estero, per conoscere bene fornitori e luoghi della birra, in Germania, spesso a Bamberg, o a Praga, in Belgio, in Inghilterra, viaggi effettuati spesso in agosto, in una vera e propria fuga rigenerante dalla città.

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Apre il “Ma che siete venuti a fa” nel 2001, e nessuno avrebbe dato un soldo bucato a lui e Fabio Zaniol quando rilevarono questo locale, in una zona senz’altro felice, ma difficile, sia per il poco spazio a disposizione, sia perché molti pub, come meteore hanno cicli di vita di 5-6 anni.

L’idea che lo guida è quella di realizzare un locale diverso, grazie ad una scelta accurata delle birre e a tal proposito ricorda che aveva agli inizi, fra le altre, la Hannen Alt e la Andechs, la Allgauer Zwickel, ma anche con attenzione molto particolare al servizio e all’anima del locale, applicando quanto appreso da Stefano e da Giorgione.

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Manuele, oltre alle tante attenzioni di cui abbiamo parlato, a proposito di Le Bon Bock, spilla ogni tipologia in maniera diversa, adattando per esempio la quantità di anidride carbonica alla caratteristica della birra, se siamo di fronte ad una lager, una zoigl, una keller, una bock dove deve risaltare la maltosità, gasa il meno possibile, con un’IPA invece fa l’inverso, per stemperare il gusto amaro, spilla a pompa porter e stout per preservare la bassa gasatura, utilizza le celle frigo e regola le temperature, diverse in funzione della temperatura di servizio ottimale per lo stile.

Nell’estate del 2002 il pub inizia ad avere il suo boom commerciale e di notorietà. Nel 2003 consolida il suo approccio alle “birre di qualità”, anche grazie alla conoscenza di Kuaska, che gli sarà particolarmente utile per i rapporti con Daniel Shelton, e non solo, importatore della Mahrs Brau, di Bamberg. Di questa birreria conoscerà, nel 2004, il birraio Andreas Gaenstaller (oggi alla Beck Brau) un birrificio che è quasi sempre presente al pub, anche con 2-3 prodotti come la Tiberator, la Zoigl, l’Affumicator, a volta alternati alle birre della Hommel e Drei Kronen. Non è un caso se sfogliando Eurhop, ho trovato Manuele curatore della parte relativa a Bamberga.

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Nel 2003, apre a Testaccio il Bier Keller, circolo di cultura birraria, per creare un salotto buono, per poter svolgere eventi ed attività culturali nel mondo della birra, ed è qui che si frequenta con Mike Murphy allora allo Starbess, Leonardo Di Vincenzo, quando ancora era indeciso sul nome da dare alle sue birre Nubienne, Teo Musso che ricorda venne a presentare la Xyauyu. Lì l’ho conosciuto, e ricordo una degustazione, nel 2005 con Kuaska e Giorgio Kotzalidis. Molte di queste esperienze saranno poi trasportate al “Ma che”, come la ReAle Extra che ebbe nel 2006 un successo clamoroso.

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L’amicizia con Leonardo Di Vincenzo e Fabio Spada lo porterà nel 2007 all’apertura del Bir&Fud, del quale voglio ricordare una caratteristica importante, spesso non citata, che dipende molto da Manuele e ovviamente dalla qualità delle persone che gestiscono il locale, la motivazione e lo spirito di squadra di tutto il personale di servizio. Spesso ho l’impressione che si sentano partecipi ed artefici del successo che arride al locale, e si comportano di conseguenza, cercando di trasmettere entusiasmo e competenze al cliente, che ha l’impressione di trovarsi in un posto importante dove non si mangia e beve soltanto, ma si fa cultura birraria e gastronomica. La stessa attenzione di Aleandro, Luca Cammello, Gabriella, Adriano e numerosi altri al bir&fud, la si ritrova al “Ma che siete venuti a fa”, dove Luca Chen e Pisky ti fanno sempre sentire a tuo agio, ben accolto, quasi importante, un imprinting voluto da Manuele e realizzato scegliendo con cura i collaboratori.

Lo ricordo un giorno incavolato nero perché aveva spillato una Lou Pepe di Cantillon da una spina riservata ad un’altra tipologia. Decise quindi di chiudere quella posizione per disinfettare in nottata quella spina specifica, contaminato da una birra a fermentazione spontanea. E dalla lavagnetta cancellò la sedicesima birra… quando si dice l’attenzione ai dettagli.

Molti sono i suoi i rapporti diretti con i birrai, oltre a quelli italiani: Kris Herteleer di De Dolle, Ivan de Baets de la Brasserie de la Senne, Ryan Grassroots di Fanø Brighus, Jean Van Roy di Cantillon, Christian Andersen di Beer Here, per citarne alcuni….

I suoi risultati sono noti: 10 anni di crescita ininterrotta, 1000 hl distribuiti fra il Ma che siete venuti a fa e il Bir&Fud, 1° “Best beer bars 2010” al mondo per Ratebeer e 3° “Best restaurants for beers 2010” per Bir&Fud. E curiosità come il magazine di Ryanair che cita i due locali fra i souvenir di Roma. Sedici spine contemporaneamente al Ma che, con assortimento da paura fra prodotti italiani, tedeschi, danesi, inglesi, belgi, e 18 spine di prodotto artigianale italiano al Bir&Fud, l’apertura recente del Domus Birrae, un beershop molto particolare, dove si vende solo prodotto artigianale italiano, a dimostrazione dell’importanza raggiunta dalla produzione nazionale, con uno spazio per homebrewer e tanti eventi importanti per la diffusione della cultura birraria.

Ed ecco le due birre degustate con lui.

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Zona Cesarini, una IPA particolare di Toccalmatto, birrificio che predilige questo stile. All’olfatto, infatti, la birra rivela, oltre alle solite note agrumate, caratteristiche degli oli essenziali dei luppoli adoperati, anche dei marcati sentori di frutta esotica, ananas e cocco. Anche al gusto queste note di frutta tropicale sono ben presenti e persistenti e stemperano, anzi ben si amalgano, con i sentori speziati e un po’ tostati del malto. Il risultato è una birra bevibile, gradevolmente persistente, nella quale sono stati adoperati, poco prima della fermentazione, in piena zona Cesarini quindi, due luppoli inusuali, insieme ad altri noti, uno giapponese, il Sorachi Ace e uno neozelandese, il Pacific Gem.

beckBeck-Bräu Zoigl, uno stile particolare, tipico dell’Alto Palatinato, dove come racconta, in un articolo per fermentobirra, Luca Giaccone, i birrai sfruttano l’impianto del Comune, una birra di bassa fermentazione, non filtrata e ben luppolata. All’olfatto sentori maltosi, di cereale, di camomilla e miele e erbacei, da luppolo, equilibrata al gusto con note dolci maltose all’inizio, seguite da note amare ed aromatiche, tipiche di una buona luppolatura. La birra chiude rivelando un corpo abbastanza sostenuto per lo stile, e una buona persistenza. Una birra leggera, bevibile, da gustare in compagnia, magari anche in quantità sostenute.

Foto: cronachedibirra.it, lenottidiroma.it, mondobirra.org, pintaperfetta.com

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