Pizza (in) Urbana e Bonci. Il partito du pilu gozzoviglia a Roma da Tricolore Monti
Ho seguito il primo corso della pizza tenuto da Gabriele Bonci nel nuovissimo laboratorio di cucina Tricolore in Via Urbana 126. Lo dico subito. Un solo Bonci non mi è bastato, causa l’effetto Parodi richiamato da Vincenzo, e ho preso a volo l’ultimo posto disponibile a fine marzo. Non avrete possibilità se non siete già prenotati perchè a febbraio e a marzo Gabriele Bonci ha fatto di nuovo sold out, tutto esaurito. Moda, isteria collettiva? Non saprei, come non saprei se consigliare di seguire questo corso. Ma come, direte voi, hai prenotato per un ripasso e non lo consigli?
Il corso è bello e comprende l’istruzione e la degustazione abbondante in tutte e due le giornate. Con 170 €, questo il costo, impari a fare l’impasto il primo giorno e il secondo realizzi la tua pizza. Inoltre, con attenta mossa, ognuno dei partecipanti ha realizzato una pizza ed una focaccia con un impasto già preparato. Il risultato è che mangi benissimo, soprattutto la seconda serata in cui sono state sfornate ben 20 pizze e focacce. Per giunta abbiamo potuto portare anche un po’ di lavoro a casa riponendo la pizza in scatole take away.
Tutto bene allora! No, non proprio. Il corso di Bonci tradisce l’aspetto più importante e cioè quello della didattica. Faccio un bis sottraendo un posto a qualcuno che dovrà avere la pazienza di attendere un nuovo calendario e di sopportare l’ondata di post, blog e articoli sul tema (ho già scritto su ParlaFood, lo hanno fatto Kitty’s Kitchen e Elizabeth Minchilli) per un semplice motivo. E’ difficilissimo seguire una lezione se tra te e il professore ci sono schiere adoranti di future pizzaiole (e pizzaioli) che vanno in delirio ad ogni parola e ti fanno scivolare in quarta (quarta!) fila. A tacer delle macchine fotografiche e di chi seguiva il corso solo per riportarlo su un blog che ha dispensato gomitate (io ne ho prese un paio e forse qualcuna l’ho data a mia volta).
E sorvolando sull’operatrice delle riprese televisive che non ha legato i lunghi capelli che alla fine sono riusciti ad entrare come ingrediente insieme alla mortadella (e spero che la quota che mi è spettata non sia stata proprio quella….). Ieri sera eravamo in 18 persone (e abbiamo toccato punte ben più elevate) in uno spazio che a rigor di logica potrebbe ospitarne solo 8-10 per consentire di seguire con calma e chiarezza tutti i passaggi e prendere appunti mentre Gabriele Bonci spiega. Lo spazio a disposizione è troppo angusto per un numero maggiore di persone e come cliente pagante per giunta con una limitata esperienza nella realizzazione della pizza mi sono sentita a disagio parecchie volte. Assilata proprio da quella quarta fila che non mi permetteva di seguire le spiegazioni. E ritengo che, a fronte di un costo di 170 €, Tricolore non offra una prestazione adeguata sia per chi viene da lontano (a questo corso erano presenti due mie amiche cui avevo suggerito il corso: la chef turca Semsa Denizsel, arrivata da Istanbul, e Judy Witts Francini, personaggio noto della gastronomia e della didattica culinaria, arrivata dalla Toscana) sia per chi viene da dietro l’angolo di Monti come me. Insomma il successo di una scuola non si può giudicare solo dal nome di grido, altrimenti si finisce solo a show. Ma il Grande Fratello è un’altra cosa (e meglio non approfondire il partito du pilu).
Ho dovuto fare un gran lavorio per mettere da parte qualche nozione utile. Riguardarmi alla fine della prima giornata tutte le puntate della prova del cuoco e gli appunti per cercare di aver un quadro più chiaro. E alla fine del corso ho completato i miei appunti per stendere la ricetta della vera pizza made in Bonci (che vi proporrò in un articolo successivo).
Ecco perché seguirò per la seconda volta il corso di Pizza Urbana di Gabriele Bonci a Tricolore. Anzi, come ha commentato Vincenzo, in-urbana, molto “in”, parecchio trendy ma purtroppo alla fine un po’ troppo scostumata per le folle adulanti che si raccolgono intorno a Gabriele Bonci al grido di più pizza per tutti!!! (e abbasso il pilu nei piatti)
Foto: Katie Parla, Elisia Menduni