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24 Aprile 2019 Aggiornato il 24 Aprile 2019 alle ore 13:35

Roma. Cena stampa per conoscere la cucina giapponese di casa del nuovo Shiroya

La cucina giapponese tradizionale, quella che non si basa su sushi, sashimi e maki nelle loro varie versioni, è finalmente arrivata a Roma. Ha
Roma. Cena stampa per conoscere la cucina giapponese di casa del nuovo Shiroya

La cucina giapponese tradizionale, quella che non si basa su sushi, sashimi e maki nelle loro varie versioni, è finalmente arrivata a Roma.

Ha aperto Shiroya, piccolo ma curato locale che propone ai romani i piatti che si consumano nelle case, quelli che ogni famiglia si tramanda da generazioni, un po’ come il ragù qui da noi.

E –  sorpresa! – non sono piatti di pesce crudo, come i ristoranti giapponesi ci hanno abituato per anni, ma pietanze cotte, di carne o di pesce, in salsa, in brodo, arrosto, con riso o senza.

L’ha fortemente voluto Sabrina Bai, italiana di origini cinesi all’indomani di lungo un viaggio in Giappone, che l’ha conquistata con i suoi sapori, quelli che l’occidente conosce ancora poco. Per questo ha assunto uno chef e un sushi chef entrambi giapponesi, che non parlano una parola di italiano o di inglese: per evitare ogni contaminazione. Lei stessa, che il giapponese non lo conosce ma lo sta studiando, comunica con loro attraverso le ragazze del servizio, giapponesi anch’esse ma con basi di lingua italiana.

Ecco perché nel menu si incontrano nomi poco consueti per il frequentatore occasionale, senza echi esotici o caraibici, né fusion. Giapponese e basta, come i disegni dimostrano, tra cui di riconoscibile oltre a ramen, sashimi e nigiri c’è ben poco. Inutile sottolineare l’importanza della visualizzazione, in un locale dove l’italiano è parlato pochino, ma è altrettanto importante in Giappone, dove la mancata corrispondenza del piatto all’illustrazione (o alle riproduzioni in cera esposte in vetrina, qui come in patria) può creare rimostranze e problemi al ristoratore.

Che nelle case giapponesi si preparasse un curry molto simile a quello dello Sri Lanka per esempio (beef curry don, 16 €) è stata una novità, che non è l’unica. E’ l’invito ad assaggiare piatti come il donburi, ciotola di riso servita con una pietanza cruda (shakedon con sashimi di salmone o lo shake oyakodon con sashimi e uova di salmone) o cotta (il katsuodon, riso con una fetta di maiale fritta panata e accompagnata da salsa) tutte tra i 16 e i 18 €, tranne l’Unayiu, cioè la gustosa versione con l’anguilla, un piatto che richiede una lunga preparazione e diverse cotture, e che per questo costa 25 €.

Tutti i piatti sono fatti in casa secondo ricette tradizionali, comprese quelle dei brodi che nella cucina giapponese sono molto importanti. Dal dashi che accompagna il tofu fritto con daikon e katsubuoshi, al tipico brodo di carne di maiale ottenuto cuocendo lentamente la carne per 12 ore, servito con l’immancabile ramen.

Il ramen, questo sì, fa parte del menu tipico di una famiglia giapponese, servito con un originale cucchiaio di legno intagliato a mano e proposto nelle sue varianti di carne (Shoyu ramen, 14 €), vegetariano (Yasai ramen, 13 €), di miso (14 €) e di pesce (Kaisen ramen, 20 €). Come pure – ma questo sconosciuto – il chawanmushi, sorta di budino salato ottenuto da uova cotte in acqua insieme a funghi direttamente nel contenitore per il servizio, e consumate con caviale di salmone e frutti di mare (in apertura).

Naturalmente non mancano quelli che per noi sono i classici, cioè nigiri, sushi e sashimi, ma li trovate solo tra gli antipasti; così come gli uramaki, forse la parte più ‘contaminata culturalmente’ di tutto il menu. Non sono tantissime le varianti, otto in tutto tra farciture crude o cotte, e costano tra i 12 e i 19 € a seconda del pesce utilizzato.

Sushi chef e chef de cuisine lavorano ininterrottamente perché tutto viene preparato sul momento, e il pesce che è stato servito sotto forma di sushi e sashimi era di ottima qualità, con la piacevole sorpresa del sashimi di capasanta, che non si vede spesso. I crudi (2 pezzi di nigiri e 3 di sashimi) costano dai 5 ai 10 €, a seconda del pesce.

E’ una piacevole realtà, quella di Shiroya, che per ora attira soprattutto turisti giapponesi, dato il look familiare, ma vorrebbe diventare meta soprattutto dei buongustai romani. “Spero che anche gli italiani si appassionino alla cucina giapponese tradizionale” mi spiega Sabrina Bai; il punto è centrale e di passaggio, il locale, un progetto curato da Laurenzi Consulting, è accogliente e caldo, i prezzi non eccessivi: potrebbe anche succedere.

Shiroya. Via dei Baullari 147A. Roma. Tel +39 06 64760753

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