Burger Zero, recensione vera del fake hamburger carne non carne
Zero o free pari sono in quel della gastronomia. Coca zero, chilometro zero, plastic free. Senza e liberi all’insegna del meno, del sottrarre, levare, eliminare, limitare. Zuccheri, viaggi da un capo all’altro del mondo, plastica che inquina i mari.
Zero superiore a 1, insomma. Un nulla che diventa segno di eccellenza, per stare ai termini iperbolici che tanto ci piacciono nelle descrizioni e nelle recensioni. Come questo Burger Zero che è un hamburger ma non di carne.
Se fosse un’insegna di un locale potremmo parlare di una nuova macelleria vegana che genera quel po’ di risentimento di onnivori e vegetariani in cerca di supremazie terminologiche.
Invece, al momento, lo trovate un po’ nascosto nel menu di Ham Holy Burger che di professione fa il venditore di carne – carne con la santificazione dell’hamburger e di tutto lo storytelling che lo accompagna a partire dall’ineludibile fassone.
Zero quindi come zero carne. Un hamburger vegetariano che è quello di Beyond Meat mitologica startup (ora ex perché è ben avviata) americana fondata dal trio Ethan Brown, Evan Williams e Biz Stone (gli ultimi due inventori di Twitter) cultori della cucina vegana.
In Italia è arrivata nei supermercati (e le cronache riferiscono che come è stato spostato dal reparto vegetali a quello della carne, le vendite si sono impennate) e nei menu di alcuni locali che hanno fiutato l’interesse non solo dei vegani, ma degli onnivori.
Difficile pensare che un vegano entri in un’hamburgeria, direte voi. Difficile sarebbe stato ipotizzare che un celiaco mettesse piede in una pizzeria. Invece avviene ogni giorno in tavolate comuni di pizzariani e no gluten se in quella pizzeria c’è lo spazio per una pizza gluten free.
Deve essersi rifatto a questa idea Franco Manna – il fondatore di Rossopomodoro che vuol dire pizza – nel varare il quadrato del menu di Ham Holy Burger dedicato alla non carne di Beyond Meat che è entrato nella carta delle sue hamburgerie.
Come detto, l’ho trovato, senza troppi clamori di lancio, un po’ “accovato” (nascosto) nel foglione del menu agostano all’Ham Holy Burger alla stazione centrale di Roma tra un cambio e l’altro di treno.
La risposta è molto semplice: Burger Zero non è pensato (solo) per vegetariani e per vegani, ma per gli onnivori.
Convincere gli estimatori della carne che esiste l’alternativa alla loro tradizionale polpetta (come questa in foto) è la scommessa di Ham Holy Burger che quindi non abbandona la sua professione di fede originaria.
E fa bene perché non dico che Burger 10 e Burger Zero sono uguali, ma avrete difficoltà a riconoscere le sensazioni molto simili della polpetta di carne e di quella di non carne.
L’idea ha il sapore del test e mentre i miei commensali hanno puntato su insalate e tartare anti caldo, io ho puntato il dito su questo Burger Zero per soddisfare la curiosità di come in un tempio dell’hamburger di carne possa mai essere alzato un altarino alla non carne.
Vi aiuta l’aspetto da carne finemente macinata e di superficie molto regolare. Scartabellando nelle mail ricevute per il lancio dell’hamburger Beyond Meat ho appreso che la crosticina da reazione di Maillard si forma per via dei piselli (e qui ci andrebbe la faccina dello stupore).
Joseph D. Puglisi, professore di biologia strutturale della Stanford University nel board del comitato consultivo di Beyond Meat, ha cercato nel mondo vegetale molecole simili a quelle della carne. Risultato, i piselli hanno la mioglobina che forma la struttura della carne. Così, i piselli sono entrati nella composizione dell’anti burger insieme al succo di barbabietola che colora naturalmente e resta lì anche quando chiedete un Burger Zero al sangue (ma a me non hanno chiesto il tipo di cottura).
Wired ha elencato gli ingredienti: acqua, proteine di pisello isolate, olio di canola, olio di cocco e aromi tra i componenti principali. A cui seguono, in quantità uguale o inferiore al 2%, cellulosa di bambù, cellulosa di metile, amido di patata, maltodestrina, estratto di lievito, sale, olio di girasole, glicerina vegetale, amido secco, gomma arabica, acido ascorbico (per mantenere il colore), succo di barbabietola (per il colore, come già detto), amido del cibo modificato, acido acetico, estratto di mela e succo di limone concentrato.
Io ho scelto la versione zero del cavallo di battaglia dell’hamburgeria, cioè l’holyburger (qui sopra in versione carnivora).
Ed ero abbastanza scettico.
Ma quei furbacchioni di Ham hanno ammantato lo Zero holyburger con un condimento che a tratti è anche sovrastante (cipolla, soprattutto) e la sensazione immediata è di addentare un vero e proprio hamburger.
Curioso, adotto l’aggettivo utilizzato da Andrea Ghiselli, presidente della Società italiana di scienze dell’alimentazione e dirigente di ricerca del centro Crea, senza sbilanciarmi. Ma l’ho gradito nonostante il mio scetticismo iniziale.
Non c’è stato tempo per chiedere un assaggio del Burger Zero al piatto libero da condimenti per incipiente partenza del treno in direzione Vada.
Sarà l’oggetto di un nuovo test.
Due considerazioni. Come vedete dal menu, l’hamburger di non carne costa 1,50 € in più del cugino carnale (12 invece di 10,50 €) e ciò potrebbe essere spiegato con la novità di prodotto e il costo della ricerca tecnologica. Ma nell’ottica del prodotto sostenibile che impatta meno sul consumo delle risorse della Terra, sarebbe auspicabile almeno un prezzo uguale per sottolineare ancora di più la scelta paritetica tra carne e sua emulazione “verace”.
L’altra riguarda il quadratino verdino in cui è relegata questa sorta di rivoluzione carnivora. Conoscendo la frenesia imprenditoriale di Franco Manna, deus ex machina dell’operazione Burger Zero, mi aspetterei un locale totalmente Beyond Meat che ha nel suo carniere anche fake salsicce di maiale e fake carne macinata.
Sarebbe curioso assaggiare un piatto di fake polpette al sugo o quelle salsicce dichiarate “hot italian”.
Non vi sembra (vero)?
[Immagini: Vincenzo Pagano, Popsugar]