Alberto Grandi ridicolizza la cucina italiana sul Financial Times
Non si era mai visto un grande quotidiano internazionale, come il Financial Times, che ridicolizza la nostra cucina nazionale complice un italiano, come Alberto Grandi.
Ieri il Financial Times ha pubblicato un’intervista ad Alberto Grandi, lo storico dell’alimentazione noto per aver sostenuto, ri–pe–tu–ta–men–te e su ogni mezzo, che la cucina italiana si basa, in realtà, su bugie ben raccontate.
Nell’intervista, tra le altre cose, Grandi ha sostenuto che: il parmigiano originale si trova solo in Wisconsin; il panettone e il tiramisù sono nati al supermercato; la carbonara l’hanno inventata gli americani.
Da quando l’intervista è sbarcata sul profilo Instagram del quotidiano economico inglese, la polemica non smette di montare. Il commento più apprezzato tra gli oltre 1000 lasciati finora? “Probabilmente questo post verrà ricordato come l’inizio della terza guerra mondiale”.
Tanti italiani che vivono all’estero, abituati e affezionati alle tradizioni culinarie italiane, si chiedono se al Financial Times non siano impazziti, e naturalmente contestano le affermazioni di Alberto Grandi.
Come non capirli se è un esperto, per di più italiano, a sostenere che la cucina tricolore, nota nel mondo per essere tradizionale e autentica, si basa in realtà su delle invenzioni?
L’inizio della terza guerra mondiale
È la prima volta che Alberto Grandi, autore del corso di laurea in Economia e management all’Università di Parma, parla con la stampa straniera.
Da quando, nel 2018, il suo libro “Denominazione di origine inventata”, è diventato un best seller. E da quando, nel 2021, lo spin-off del libro, sotto forma di podcast, ha superato il milione di ascolti.
La specialità del docente di storia dell’alimentazione è fare affermazioni provocatorie sull’ ortodossia della cucina italiana. L’obiettivo è destabilizzare alle fondamenta la cultura culinaria tricolore.
Famosa nel mondo ma “famigerata”, aggiunge alle provocazioni di Alberto Grandi –compiaciuto– il Financial Times. Perché impone troppe regole. Come non bere il cappuccino dopo mezzogiorno o decidere che le tagliatelle devono essere larghe esattamente 7 mm.
Le provocazioni di Alberto Grandi sul Financial Times
Sostiene Grandi, sulla base della letteratura accademica esistente, che la maggior parte degli italiani non abbia mai sentito parlare di pizza fino agli anni ’50. Oppure che la carbonara è una ricetta americana. E ancora che molti “classici” italiani, dal panettone al tiramisù, sono invenzioni recenti.
Il Financial Times ci mette il carico: Marianna Giusti, la giornalista italiana che ha intervistato Alberto Grandi, autrice dell’articolo, scrive di avere sempre odiato l’esagerazione che circonda il cibo tricolore.
Cita amici pedanti come il newyorkese che mangia solo pasta italiana regionale di nicchia e il napoletano che i pomodori freschi inglesi non li vuole nemmeno toccare.
O direttamente tutti gli italiani tutti che, mentre svuotavano i supermercati, al tempo dei primi lockdown, lasciavano sugli scaffali le penne lisce. Perché considerate di bassa qualità (ma non era vero).
Panettone
Prima del XX secolo, il panettone era un pane piatto, sottile e duro, farcito giusto con una manciata di uva passa, sostiene l’esperto italiano. Veniva mangiato dai poveri e non aveva alcun legame con il Natale.
Il panettone come lo conosciamo oggi è un’invenzione industriale. Negli anni ’20, l’industriale Angelo Motta ha introdotto un nuovo impasto facendo iniziare la “tradizione” del panettone a forma di cupola.
Poi, negli anni ’70, di fronte alla concorrenza crescente dei supermercati, le pasticcerie e le panetterie hanno iniziato a produrre panettoni artigianali con la stessa forma a cupola.
Il Financial Times riporta una frase di Alberto Grandi tratta dal suo libro, “il panettone, dopo un bizzarro viaggio all’indietro, è finalmente diventato ciò che non era mai stato prima: un prodotto artigianale”. Su cui oggi si compilano ponderose classifiche, sia in versione tradizionale che creativa.
Tiramisù
Il tiramisù è un altro esempio. Le origini recenti, sempre secondo Grandi, vengono camuffate da storie fantasiose. Mentre in un paese normale, sostiene il docente, a nessuno importerebbe dove e quando è stato inventato un dolce.
In realtà la ricetta sarebbe apparsa per la prima volta in alcuni libri di cucina negli anni ’80. L’ingrediente principale, il mascarpone, prima degli anni ’60 si trovava raramente fuori Milano. I biscotti bagnati nel caffè che dividono gli strati del tiramisù sono Pavesini, lanciati solo nel 1948.
Cosa ha detto Alberto Grandi al Financial Times sul Parmigiano
Secondo Alberto Grandi, segnala il Financial Times, il Parmigiano risale a oltre un millennio fa. Ma prima degli anni ’60, le forme erano più leggere (pesavano circa 10 kg contro i 40 kg di oggi). E venivano incastonate in una crosta nera spessa mentre la consistenza era più grassa e morbida rispetto a quella attuale.
Stando all’autore di Denominazione di origine inventata il vero corrispondente moderno è il Parmigiano del Wisconsin.
Le cose sarebbero andate così: i primi immigrati italiani del XX secolo, provenienti dalla regione del Po’ a nord di Parma, hanno iniziato a produrlo nel Wisconsin ma, diversamente dai produttori italiani, la loro ricetta non si è mai evoluta.
Quindi, mentre in Italia, nel corso degli anni, il Parmigiano è diventato un formaggio duro dalla crosta chiara prodotto in enormi forme, il Parmigiano del Wisconsin è rimasto fedele all’originale.
Così Alberto Grandi, il professore podcaster, può affermare sul Financial Times che “La cucina italiana è decisamente più americana che italiana”.
Pizza
La pizza sarebbe un esempio lampante secondo Grandi. Dischi di pasta conditi erano diffusi in tutto il Mediterraneo da secoli: piada, pida, pita, pitta, pizza. Ma nel 1943, quando i soldati italo-americani vengono inviati in Sicilia per poi spostarsi lungo la penisola, scrivono a casa increduli che in Italia non ci sono pizzerie.
Prima della guerra la pizza si trovava solo in alcune città del sud Italia, fatta e mangiata per strada dalle classi più umili. Tanto che, negli anni ‘70, per gli italiani la pizza era esotica quanto il sushi oggi.
Stando a una ricerca di Alberto Grandi, citata dal Financial Times, la prima pizzeria (intesa come ristorante dedicato solo alla pizza) è stata aperta non in Italia, ma a New York, nel 1911.
Il cavallo di battaglia di Alberto Grandi sul Financial Times: la carbonara
Per il docente, l’immagine di pilastro della tradizione culinaria romana ritagliata addosso alla carbonara è una completa invenzione. Prima della seconda guerra mondiale nessun italiano aveva sentito parlare della carbonara.
Questo perché, come afferma lo storico del cibo Luca Cesari, la carbonara è “un piatto americano nato in Italia”. L’autore del libro “Storia della pasta in 10 piatti” bolla come anacronistica la leggenda della carbonara che nutre i carbonai italiani del XVIII secolo.
Quindi Alberto Grandi e il Financial Times ricordano la storia su cui buona parte degli esperti concorda. Un cuoco italiano, Renato Gualandi, avrebbe preparato per la prima volta la carbonara nel 1944 a Riccione, durante una cena per l’esercito americano.
“Gli americani avevano del bacon favoloso, una buona panna, un po’ di formaggio e tuorli d’uovo in polvere”, ricorda Gualandi.
Per gli italiani nati dopo il boom economico di fine anni ‘50 la carbonara si fa con un mix inalterabile di ingredienti: guanciale, pecorino romano, uova e pepe. Ma le ricette antiche sarebbero sorprendentemente varie.
La più antica è stata stampata a Chicago nel 1952 e prevede la pancetta, non il guanciale. Le ricette italiane dell’epoca includono tutto, dal groviera (La Cucina Italiana, 1954) a “prosciutto e funghi sottilmente affettati” (ristorante Tre Scalini di Roma, 1958). Il guanciale avrebbe rimpiazzato la pancetta negli anni ’90.
Eppure oggi, sostiene il Financial Times citando Alberto Grandi, la carbonara è il piatto italiano più estremo e dogmatico che esiste. Perché cucinato seguendo regole inviolabili tipiche delle “paste romane”, come cacio e pepe, gricia e amatriciana.
Qualsiasi versione alternativa o deviazione, insiste il quotidiano inglese, diventa una questione di interesse nazionale. Nel 2015, in un comunicato stampa, la città di Amatrice ha corretto uno chef stellato della fama di Carlo Cracco, colpevole di aver messo l’aglio nella sua amatriciana.
Salvini, Berlusconi e Meloni
Poi l’intervista del Financial Times ad Alberto Grandi si sposta sulla politica. E citare le strumentalizzazioni di Salvini diventa inevitabile.
Politici come il segretario della Lega capiscono e sfruttano il potere di quello che Grandi definisce “gastronazionalismo”. Perché poche cose sono più rassicuranti e piacevoli per un italiano di una “nonna” che prepara i tortellini.
Al punto che oggi, continua il quotidiano economico inglese, il cibo tricolore è diventato un leitmotiv per i politici di destra. Come le donne giovani e appariscenti o il calcio lo erano nell’era di Berlusconi.
Ce n’è anche per la premier Giorgia Meloni, rea di aver pubblicato su TikTok durante la campagna elettorale 2022 un video in cui una “nonna” le insegna a chiudere i tortellini.
Insomma, conclude il lungo articolo il Financial Times, secondo Alberto Grandi gli atteggiamenti degli italiani per difendere una presunta purezza culinaria sarebbero ridicoli.
Lo ha scritto in un libro di successo “Denominazione di origine inventata”. Lo ha ribadito in un podcast arrivato alla terza stagione. Ora ha ridicolizzato i classici della cucina italiana su un grande quotidiano straniero (che non vedeva l’ora).
Abbiamo capito come la pensa. Ce lo vuole ripetere ancora?