Coronavirus: i fornitori dei ristoranti, in crisi, chiedono pagamenti in contanti
Fipe denuncia sintetizzando così –in modo brutale ma efficace– la crisi dei fornitori di ristoranti, e in generale dei vari locali: pagare moneta, vedere cammello.
La Federazione dei pubblici esercizi italiani affronta per la prima volta dall’emergenza coronavirus un tema spinoso: i problemi di liquidità causati dal lungo lockdown. Molti ristoratori segnalano un cambio di comportamento da parte delle stesse aziende che assicurano loro prodotti freschi, consegne veloci e, di solito, pazienza per il pagamento delle fatture.
I fornitori dei ristoranti: le diverse posizioni
In questo periodo i fornitori sono molto prudenti, preoccupati dal futuro incerto. Atteggiamento che, per necessità di far cassa, sta innescando un circolo vizioso pericoloso. Specie per chi ha già le casse vuote causa mancanza di clienti.
Immaginate un ristoratore costretto a pagare prima ancora di vendere, malgrado un fatturato per lo meno dimezzato (ma che in alcune zone è bloccato al 30 percento). Bar, ristoranti e pizzerie hanno bisogno di un meccanismo di garanzia, altrimenti si aggiunge sofferenza a sofferenza.
Il Sole 24 Ore ha raccolto il parere di alcuni noti fornitori, iniziando da Longino e Cardenal: lunga militanza nel settore e un fatturato di 30 milioni di euro all’anno.
“Dobbiamo pur mettere in cassa qualcosa. Per rientrare abbiamo proposto rateizzazioni sul periodo pre-lockdown, mentre per le nuove forniture siamo tornati al pagamento a 30 giorni”.
Così Riccardo Uleri, amministratore delegato della società: “Lo considero un extrafido che non avrei concesso se la situazione non fosse quella che è”. Uleri, pur confermando il fisiologico bisogno di fatturare, precisa che può permettersi di aiutare i ristoratori in difficoltà solo perché la sua azienda è “solida patrimonialmente”.
I fornitori e l’e-commerce
C’è poi l’è-commerce. A raccontare questa volta è Simone Cozzi, che ha fondato High Quality Food, altra azienda specializzata in forniture di ristoranti.
“Purtroppo le fatture insolute non mancano. Facciamo leva –spiega Cozzi– sulla reputazione e solvibilità dei clienti. Durante il lockdown ci è sembrato giusto congelare i nostri crediti. Oggi ai clienti facciamo due proposte:
– congelare i debiti per altri quattro mesi ma pagando le nuove consegne in contrassegno;
– pianificare un rientro del debito, opzione indispensabile per fare di nuovo credito.
Il numero che ci preoccupa di più, tuttavia, è il 40% dei nostri clienti ancora chiusi. Con loro, chiaramente, è impossibile affrontare qualunque piano di rientro”.
Situazione che fa comprendere quanto importante sia stato per Cozzi sostenere il business con l’e-commerce, ovvero un canale che prevede il pagamento immediato.
Un’altra opportunità che High Quality Food sta valutando, sempre indotta dall’emergenza coronavirus, è la vendita diretta o con pop-up all’interno di supermercati.
I fornitori di prodotti freschi
Realtà più complicata quella della Davvero Distribuzione di Fiumicino, che rifornisce di prodotti freschi –latticini, formaggi, salumi– molti ristoranti romani.
“Siamo sul filo del rasoio”, riconosce il fondatore Giordano Paparella, perché “i nostri fornitori, a loro volta, effettuano pagamenti alla consegna.
Se un caseificio paga in contanti il foraggio per dare da mangiare alle mucche –racconta Paparella– è logico che pretenda un riscontro immediato da noi. Che ci vediamo costretti a fare lo stesso con i nostri clienti per non mandare in blocco il sistema”.