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21 Gennaio 2010 Aggiornato il 31 Marzo 2019 alle ore 15:21

Cristina Bowerman racconta la Bufala al Glass Hostaria

Voglio fare subito il critico obiettivo. Me'co..... Queste mezzelune ripiene di cime di rapa con alici, mozzarella di bufala e bottarga di muggine mi
Cristina Bowerman racconta la Bufala al Glass Hostaria

Voglio fare subito il critico obiettivo. Me’co….. Queste mezzelune ripiene di cime di rapa con alici, mozzarella di bufala e bottarga di muggine mi hanno letteralmente mandato in orbita sparandomi sotto le travi del soffitto del Glass Hostaria. L’occasione, unica, ma spero ripetibile anche per chi non ha preso parte all’unico happening mozzarellaro nella giornata in cui hanno iniziato ad accendere i lumini intorno alla dop campana, è stata offerta da “Ti racconto una Bufala, ma con una stella in più”. La bufala, mai come questa volta, meglio premetterlo, è stata così vera. 100% di latte proveniente da allevamento di bufale senza aggiunta di mucche.

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Il festeggiamento è partito con i primi saluti a nuovi compagni di viaggio sull’astronave del Gusto, dalla sempre attiva senzapanna allo smart Ciro, dal giovanissimo Lorenzo ad Alfonso per arrivare all’inossidabile, checchè “vecchio”, Leo Ciomei, chef di Dissapore. Le presenze sono state un po’ decimate dalle influenze che hanno colpito Luigi Cremona, che è riuscito a passare per un veloce saluto, e Il mio maestro blog-corruttore, Stefano Bonilli, che ha resistito sino al dolce di chiusura nonostante un attacco di raffreddore. E’ stata anche l’occasione per rivedere Antonio (con qualche capello in meno, destino comune, ahinoi).
Convenevoli pochi e subito innaffiati dalle bollicine scelte dal nostro Georgi Clunei al secolo Fabio Spada che piazza altri due bei colpi (a sentire i miei ben più edotti commensali vitivinicoli) con un gentile Greco di Tufo Docg 2008 di Pietracupa e un ben più poderoso Taurasi Docg 2005 della stessa azienda. Si comincia con una piroga di aperitivi che iniziano a scaldare le mandibole con un massaggio di quelli che mi appassionano sin dalle prime battute.

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Inizio da una mozzarella in carrozza che prende lo sprint nemmeno fosse stata tirata da una pariglia di cavalli Persano, tanto per restare in loco: la filatura della mozzarella avvolge la panatura e chiede al palato di arrendersi. Inizio scoppiettante che si allunga con una polpetta di melanzana affumicata e in un bocconcino di ricotta in crosta di pistacchi che mi apre all’assaggio dello spiedino “nature”. Lo spilucco, ma resto convinto che la mozzarella al naturale deve essere di formato gigante.

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Ma Cristina Bowerman è una fanciulla cui piace giocare e continua a farlo con un panino profumato all’arancia in cui distribuisce una fetta di sgombro che accompagna la mozzarella. Il tutto contornato da un chips di patate e maionese mostardata. Ora, dico io, a tutte le mamme che potrebbero essere in ascolto, ma quando i vostri figli in età scolare fanno le prime festicciole non potreste pensare a un panino del genere piuttosto che a robe ultra-untuose?

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Smettiamo di giocare (c’è un altro passaggio, ma ve lo racconto dopo) quando arrivano in tavola le mitiche mezzelune che per l’occasione mettono su il verde delle cime di rape che gonfiano la sottile pasta tirata a mano. Uno sguardo furtivo ai commensali e, veloce, agguanto una mezzaluna per intero con il suo carico di alice, mozzarella e bottarga. L’esplosione di sapori è corroborata dall’inattesa punta di amaro. Mi piace perchè va a completare l’arco del dolce e del salato. Alla mia sinistra mi fanno notare che invece avrebbero preferito una nota agrumata di maggiore intensità. Me nessuno sembra disposto a metterlo in un angolo quest’amarezza della vita e tutti buttano giù la composizione con movimenti (più delicati dei miei, invero). Non ho la capacità critica da esprimere in esametri o da scalare su tabelle percentili e quindi faccio alla maniera elementare delle mazzarelle: voto 10 e non ci scappa la lode per via di questo agrumato che mi funziona da freno inibitore.

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Inizio a provare quella dolce sensazione di benessere, che mi si crea quando pancia, cuore e cervello allungano le marce in souplesse all’unisono, che la Bowerman piazza l’uppercout da maestro: la coda di bufala alla vaccinara. Idea sublime di cucinare il classico piatto povero della cucina romana utilizzando carne di bufalo nobilitata dal crumble di cioccolata. Per me buono e per molti altri (il tavolo dei bloggeristi incalliti escluse le signore, tanto per non fare nomi) si è fatto tentare da un bis. Catalogarlo come piatto leggero è arduo, ma come ottima esecuzione questo sì. Ci prendo gusto e dico la mia: 8,5.

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Non ne avevo parlato prima perchè la faccia dei commensali era troppo divertente. Fabio Spada, che oltre ad essere Giorgi è pure personaggio con rotelle che girano, mi aveva detto “Qui ci mettiamo l’ultima Bufala”. “In che senso? Diciamo a tutti che li abbiamo presi in giro e abbiamo servito fiordilatte? (a pensarci oggi, quella che sembrava una battuta poteva valere un arresto su intercettazione telefonica….). “No, no, vedrai”. E hanno visto tutti, perchè l’intermezzo di ricotta, pepe verde, saba, fichi secchi all’alloro ha in pratica la stessa forma, lo stesso aspetto e la stessa presentazione del dolce che ha un cuore di cioccolato. Ora le foto le vedete sopra e quindi potete decidere qual è il formaggio e qual è il dolce. Indovinato? Bene. Pensate che invece tutti credevano in un errore di portata favorito dal fatto che ogni tavolo è partito ad un orario diverso. Io la ricotta la mangerei in ogni dove. Questa, intesa come materia prima, ha avuto il pregio di sapersi piegare ai comandi di Cristina senza perdere il suo tratto nemmeno raffreddata per diventare dessert.

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La serata volge al termine e la piccola pasticceria riesce a trovare uno spazietto nell’ultimo angolo disponibile. Satollo, ma curioso, mi lascio tentare dalla pralina di mozzarella esotica al cocco e poi proseguo tra un cannolino di ricotta, un cucciolone in formato mignon e un bicchierino di yogurt fruttato. Dovrei fare la conta per scegliere il migliore, sono indeciso e tale voglio restare. Meno male che la giornata è stata un continuo allarme su tagli e annacquamenti che non hanno interessato il mio fotografo che inizia ad avere difficoltà a mettere a fuoco. Noi l’ultima bufala l’abbiamo mangiata ed era in ottima forma. Merito dei preparatori della piana di Paestum e di questa fanciulla qui sotto che ha impresso il segno della Stella anche sulla mozzarella di bufala.

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Foto: Francesco Arena

Vincenzo Pagano
Fulminato sulla strada dei ristoranti, delle pizze, dei gelati, degli hamburger, apre Scatti di Gusto e da allora non ha mai smesso di curiosare tra cucine, forni e tavole.
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