In ricordo di Davide Oltolini
È notte fonda, e son qui che non so da che parte cominciare, a scrivere di Oltolini.
La notizia è corsa rapida sulle ali dei social: alle 12:30 Davide Oltolini si è sentito male durante una lezione di tennis al Brallo. Ambulanze, medici, elisoccorso per portarlo al San Matteo di Pavia. E in breve tempo hanno iniziato ad apparire messaggi di incoraggiamento su Facebook, su Twitter, ovunque. Incoraggiamenti che dopo qualche ora sono diventati un pianto collettivo: Davide non ce l’ha fatta. Un attacco cardiaco fatale.
Oggi sarebbe stato – oggi è – il suo compleanno. Non c’è un tempo giusto per morire, certo: ma a 48 anni, la sera prima del tuo compleanno, andiamo, non si può. Ti rompe tutti i piani, ti rovina tutto.
Davide aveva un suo piano, ben studiato e pianificato con cura, per affermare la sua carriera, la sua presenza socialmediatica. Che era un piano attento e rigoroso, ma anche portato avanti con una sua ingenuità inconfondibile. Non ingenuità nel senso di “sciocco”: era una cosa estremamente naturale, gestita con passione ma in modo istintivo. Si veda alla voce #selfie, ovvero alla sua continua ricerca di foto in posa con i personaggi più disparati, dai più famosi (da Gualtiero Marchesi a Marta Marzotto, per dire) ai meno conosciuti o perfetti sconosciuti (io, per dire). Era una strategia, ma era anche diventato un gioco, parte di quella ricerca della notorietà, cui Davide si dedicava con impegno e con divertimento – ed era felice quando poteva mostrare un suo selfie con un personaggio particolare, o un tweet di particolare successo (“Guarda qui: Gordon Ramsay mi segue su Twitter!”).
E il cordoglio di tutti i suoi contatti sui social si esprime anche ripubblicando le nostre foto con lui.
Abile utilizzatore di Facebook, di Instagram, di Twitter (13.000 follower), era anche prodigo di consigli (mi aveva rimproverato per aver iniziato un tweet con @davide_oltolini, una volta: così lo vedo solo io e quelli che vedono la mia pagina, diceva) e di suggerimenti.
Dietro a tutto ciò c’era una grande competenza e professionalità. Uno non diventa critico enogastronomico, sommelier, esperto di analisi sensoriale, collaboratore delle guide del Gambero Rosso, autore di articoli per il Corriere della Sera, Grande Cucina, Capital, Panorama, La Cucina Italiana, Sale&Pepe, giudice di concorsi internazionali (“Ho fatto parte delle giurie tecniche di vari, importanti, concorsi enogastronomici internazionali, tra i quali il Concours européen des Ambassadeurs du Champagne, lo Swiss Cheese Award, il Brussels Beer Challenge e il Concursul Național de Ape Minerale, e sono stato nominato dal C.N.I.E.L. fra i sette “ambasciatori” europei del formaggio di Francia”), personaggio televisivo su diversi canali, con una sua rubrica su Rai1, nel corso di Uno Mattina in Famiglia, “Sapere i Sapori” (una delle pochissime, se non l’unica, a essere confermata per più anni), se non è “bravo”. E Davide lo era, “bravo”: non so se esiste il “palato assoluto”, come l’orecchio assoluto in musica, o la “papilla perfetta”: ma lui ce li aveva di sicuro. E aveva anche garbo e grazia nel proporsi e nel raccontare le cose – uno dei motivi del suo successo in TV, e dell’apprezzamento che raccoglieva anche presso i colleghi: come ha riportato lui stesso sul suo sito, “Il 1° dicembre 2015 i Direttori delle maggiori testate giornalistiche della TV e della carta stampata (TG 2 Rai, Sky TG 24, Il Giorno, TGCom 24, Il Tempo, Donna Moderna, Il Messaggero e GoodinItaly in giuria insieme ad autorevoli colleghi delle redazioni di Corriere della Sera e LA 7) mi hanno assegnato l’ Italian Talent Award per il giornalismo enogastronomico”.
Eri un amico, Davide. Per carità, non ci si frequentava al di fuori dell’ambiente dell’enogastronomia, ci si vedeva più sui social che di persona. Un paio di volte, presentandomi durante un evento, mi ha chiamato “Emanuele Bonomi”. E io, di rimando, Davide Ottonelli. A volte, ti correggevo qualcosa, e me ne eri grato. O ti davo indicazioni su come raggiungere una fermata della metro, sul tram o l’autobus più veloce per raggiungere una prossima degustazione, o per tornartene a casa. Questa volta, te ne sei andato senza salutare, senza chiedermi niente. Mi aspetto un tuo selfie col Padreterno, a breve.
[Immagini: Leonardo Romanelli, Facebook, Twitter, Instagram]