Chef vs Ilaria Borletti Buitoni. In Italia si mangia bene. Seguono inviti
Ha sollevato un vespaio di polemiche nel mondo della ristorazione l’improvvida dichiarazione Ilaria Carla Anna Borletti Dell’Acqua in Buitoni, Sottosegretario ai Beni Culturali del Governo Letta rilasciata in un’intervista a Panorama. Due i passaggi salienti che vedono il neo Sottosegretario, nominata in quota Scelta Civica di Mario Monti, impegnata sul tavolo della cucina italiana. Maniaca dell’autocontrollo – racconta che lo perse una sola volta causa spinello, ricorda in evidenza il sommario dell’articolo di Panorama – non lo perderà sapendo cosa pensano alcuni chef italiani che ha liquidato in una battuta. Questa.
Come giudica il livello degli chef italiani? Negativamente. In Italia s’è smesso da tempo di mangiar bene, purtroppo. Siamo corsi dietro alle mode, ai francesi, allontanandoci dalla nostra idea di cucina.
Moda: mangiare bene è diventata una moda? Forse. Anche perché mangiare in un eccellente ristorante si contrappone alla “genuina” scorpacciata. Come ricorda la domanda successiva. Eccola.
Per una bella scorpacciata quindi dove va? Dove ho una persona che si occupa del menu. Per cucinare occorre tempo, non ci vogliono telefoni che suonano. Oppure vado nelle trattorie umbre, meno modaiole sono e meglio è. O al ristorante dell’hotel Tosco Romagnolo, a Bagno di Romagna, il mio preferito.
L’Italia, quindi, sarebbe a credito con i cugini d’oltralpe anche se, a onor del vero, la fotografia della classifica del The World 50 Best Restaurants mette relega il primo ristorante francese al 16° posto. E l’Italia al 3° con Massimo Bottura con i Fratelli Roca (Spagna) e Renè Redzepi (Danimarca) davanti.
Sul secondo punto si potrebbe aprire una questione lunghissima: in un ristorante in cui lo chef è assente è possibile mangiare bene lo stesso? Diciamo che la trita e ritrita storia dovrebbe essere ampiamente superata dall’esempio di brigate efficienti e dalla necessità per gli chef di documentarsi e di confrontarsi per migliorare, evolvere, primeggiare. Che in un contesto nazionale porta la cucina italiana nel complesso verso la posizione di testa. Messa a rischio da dichiarazioni che qualche ripercussione potrebbero avere anche all’estero.
Le reazioni dagli chef non sono mancate. E noi le abbiamo registrate per offrire al sottosegretario Borletti Buitoni l’altra campana. Quella degli chef giudicati, in maniera forse un po’ troppo sbrigativa, negativi. Buona visione.
Massimo Bottura: cucina e cultura all’estero
Massimo Bottura, la punta avanzata della squadra italiana è in trasferta a Città del Messico. Secondo il Buitoni Borletti pensiero un errore uscire dalle cucine e portare il messaggio della cucina e della cultura italiana oltreoceano. Insomma, lo abbiamo preso con le mani nel sacco. Un poco contrariato dall’effetto boomerang che questa sortita potrebbe causare ha provato ad indagare la differenza tra cucina e cultura. O meglio il rapporto tra di esse, spiegandolo in una nota ufficiale.
La cucina italiana è stata banalizzata e poco rispettata in molti casi, ma la cucina italiana è cultura, nella misura in cui rappresenta il rapporto tra il territorio e la società, ci spiega Massimo. La cucina è come l’arte: ci sono dei bei quadri e dei brutti quadri, dei bravi artisti e degli artisti scadenti.
Sono sempre più diffusi i corsi di Food Culture (Nu School di New York, ma anche Alma Graduate School Università di Bologna) e occuparsi del rapporto tra cucina e cultura non è un esercizio di moda, ma un modo per riflettere sull’identità.
Per quanto riguarda poi le mode, mai come in questo momento gli interpreti della cucina italiana esprimono un’identità nazionale e sarebbe ora di riconoscere fattivamente il potenziale che avrebbe per il paese un più stretto rapporto tra cucina, turismo e cultura.
Gennaro Esposito: venga a Festa a Vico
Prova a fornire un’indicazione plausibile della pretesa scopiazzatura francese Gennaro Esposito, lo chef due stelle Michelin della Torre del Saracino impegnato in questi giorni alla rifinitura della X edizione della Festa a Vico (cui non mancano chef stranieri). Una manifestazione da studiare per inquadrare la cucina italiana tra chef emergenti e chef affermati.
Quando in Italia non si capisce cosa si mangia, tutto diventa francese o nouvelle cuisine. Non si ha voglia di capire e di entrare in sintonia con la proposta di uno chef. Eppure chi viene dall’estero è curioso e affascinato a quanto l’Italia fa. Al contempo bisogna registrare che c’è una categoria di clienti che a volte manifesta perplessità per la conoscenza. Il sottosegretario non sembra apprezzare che mai come adesso in Italia si mangi così “italiano” e così bene con tante eccellenze riconosciute dal vino alla pasta e all’olio. Mi verrebbe da chiederle in quanti ristoranti che propongono eccellenze sia andata.
Ed ecco la proposta shock. Perché il neo sottosegretario non va a Vico Equense per verificare il suo voto negativo?
Cita il nostro collega Paolo Teverini e a questo punto vorrei pregarla di seguire Paolo che è un affezionato della Festa a Vico. La signora Buitoni potrebbe raggiungere Vico Equense dove ci saranno tantissimi chef e così potrebbe verificare lo stato di salute della cucina italiana. Anche se non nascondo che mi viene il dubbio che non si sarebbe scagliata con tanta facilità contro notai, farmacisti, tassisti. Forse la spiegazione è che molti sono infastiditi dalla visibilità degli chef e non si lasciano sfuggire l’occasione per gettare discredito sulla categoria. Un vero peccato.
Niko Romito: invito a cena per comprendere
Lo chef abruzzese che ha creato con Casadonna un polo di formazione dei giovani cuochi, oltre che dirigere il ristorante Reale due stelle Michelin, affida il suo pensiero a una nota ufficiale. “Sono colpito dal commento del Vice Ministro, che esprime un giudizio generale e complessivo su tutti gli chef italiani, dicendo che in Italia si è smesso di mangiare bene. È un peccato che il vice ministro non abbia toccato con mano la frenesia che pervade il mondo della cucina proprio qui in Italia, dove ogni giorni si sviluppano nuove idee, si fondono pensieri e si lavora insieme per portare in tavola ricerca e piatti di altissima qualità. E parlo anche in prima persona, visto che da me, a Casadonna, sono proprio i prodotti del territorio e i saperi tradizionali ad avere un posto d’onore, accompagnati da nuove tecniche e innovazione continua. Non credo quindi che siamo corsi dietro ai francesi dimenticandoci della nostra cucina. Sicuramente ci sono stati scambi e fusioni, come è normale che sia in un mondo in costante contatto. Ma si tratta appunto di scambi positivi, non di omologazione. Senza considerare poi gli effetti positivi che la cucina italiana di alta qualità ha sul turismo della nostra penisola. Moltissimi, infatti, gli stranieri che sì, visitano il nostro Paese anche per i mari e la cultura, ma per cui la gastronomia ha ancora un valore importante. Piatti creati con ingredienti locali, di produttori eccellenti , e proprio per questo straordinari. Per questo, inviterei la Dott.ssa Borletti Buitoni a venire nel mio ristorante o in quello di uno dei miei colleghi, per toccare con mano la cucina degli chef italiani. Sono certo si ricrederà e sicuro che la sua dichiarazione nasce dalla non conoscenza della crescita che c’e’ stata negli ultimi anni del mondo gastronomico italiano . Peccato.”
Cristina Bowerman: i croissant di Maria Antonietta
“Non è vero che siamo andati dietro ai Francesi. Al limite, se proprio si deve indicare una nazione quella sarebbe la Spagna. In realtà la dichiarazione della Signora Buitoni sembra sottolineare un suo distacco dalla realtà della cucina italiana e dai suoi chef. Non so perché ma a leggerla mi risuona quello che disse Maria Antonietta a proposito dei croissant”, spiega Cristina Bowerman sufficientemente divertita dall’analogia mentre si accinge a salire sulla tolda del Romeo, il locale multifunzione che nulla ha da invidiare a imprese parigine.
“Sull’analisi dello chef chiuso in cucina, mi sembra che si disconosca un passaggio fondamentale che moltissimi chef hanno fatto, passare dal mestiere alla professione, dal solo cucinare a una manifestazione culturale dell’approccio al proprio lavoro. Che lo neghi proprio il Sottosegretario ai Beni Culturali mi sembra un paradosso”, aggiunge formulando un invito all’assaggio con facoltà di scelta nei suoi due ristoranti: Romeo o Glass.
Davide Oldani: urge approfondimento
Diplomatico il teorico della cucina pop che è diventato caso di scuola all’università di economia (inglese, non francese nemmeno questa volta) con il suo D’O di Cornaredo. Rintracciare influenze francesi è possibile alla sua tavola? “Il pensiero di seguire una moda e segnatamente quella francese in cucina è una concezione datata che non corrisponde alla realtà odierna. Molti sono i clienti che vengono dall’estero richiamati da una cucina come quella italiana che sta dando grandi risultati che sono sotto gli occhi di tutti. Anche la visione dello chef che non si distrae per il telefono dovrebbe suggerire al neo sottosegretario almeno un approfondimento sui temi legati alla ristorazione italiana”.
Andrea Berton: una delegazione per spiegarsi meglio
Caustico Andrea Berton che, dopo l’apertura di Pisacco – altro punto di riferimento per i futuri concept di ristorazione – sta aprendo ben altri due locali a raffica a Milano. Che in un momento di crisi come questo valgono oro. Per Berton bisogna spiegarsi: de visu. “Bisognerebbe che una delegazione di chef italiani spiegasse al sottosegretario Ilaria Borletti Buitoni cosa succede nella cucina italiana. Altri Paesi farebbero carte false per avere una situazione come quella italiana. La dichiarazione sembra abbastanza fuori luogo e fa pensare che la signora non vada a mangiare al ristorante. Se dobbiamo citare una nazione che è diventata riferimento si potrebbe parlare della Spagna per aver innovato sul modo di fare cucina”.
Sui telefonini e la presenza dello chef oltre la cucina non ci sono compromessi. “Pensare allo chef che si distrae in cucina, che deve essere isolato per dare il meglio di sé significa ritornare indietro di 50 anni. La capacità di uno chef di organizzare il suo ristorante e di gestirlo è il punto saliente della questione. Prendiamo ad esempio il lavoro che Massimo Bottura sta svolgendo in tutto il mondo per la cucina italiana. Ha creato un sistema e un team vincente. Non riconoscere questo suo lavoro è imperdonabile. Vederlo distruggere da un politico lascia senza parole”.
Oliver Glowig: troppa burocrazia, troppe tasse
Per lo chef due stelle Michelin di stanza a Roma l’aspetto più sorprendente è che un rappresentante del governo dovrebbe cercare di promuovere il lavoro e non distruggerlo. “La cucina tradizionale italiana è più presente che mai anche nei ristoranti gourmet. Tanti miei colleghi, come me, si ispirano ai piatti tradizionali. La moda di seguire i francesi c’era, ma almeno 20 anni fa. Nessun altro paese ha le materie primi buone e diverse come L’Italia. Ci sono sempre di più congressi e eventi dove vengono promossi la cucina italiana e sopratutto i prodotti italiani. Ultimamente si parla molto della pizza, per esempio, uno dei simboli della cucina italiana. La cucina italiana è presente in tutto il mondo. Non credo che si possa dire lo stesso della cucina francese. Tra l’altro, sempre di più i grandi chef francesi usano i nostri prodotti e hanno scoperto la nostra materia prima e le ricette italiane”.
E non mancano le frecciatine. “Un politico dovrebbe aiutare di più il settore. Gestire un ristorante in Italia è molto difficile. Troppa burocrazia e troppe tasse. Per fare bene il nostro lavoro bisogna essere concentrati, è vero. Io mi occupo del mio menù e sono anche sempre nella mia cucina. Certo suona anche il telefono ogni tanto. Ma fa parte dei nostri tempi. Succede anche in Parlamento….no?”
Marianna Vitale: un tour italiano per capire
“ Mi sembra strano che non abbia detto che scimmiottiamo gli spagnoli”. La chef stellata di Sud, poco sorpresa dall’affermazione/illazione, propone alla Buitoni un tour in Italia, un viaggio per assaporare tutto il meglio che la nostra attuale gastronomia ha da offrire: “Non la porterei nel mio ristorante, l’accompagnerei da tanti miei amici e colleghi sparsi per lo Stivale”.
Ribadisce la capacità degli chef italiani di sfruttare al meglio le risorse e i prodotti a disposizione, con un’inventiva che è davvero abilità di pochi. Mette l’accento sul fatto che probabilmente il ministro conosca troppo poco la strada che l’alta cucina italiana ha deciso di intraprendere: “Probabilmente quando ha rilasciato l’intervista era su Marte”.
Luciano Monosilio: la forza della gastronomia vincerà
“Lavoro anche senza di lei. Se proprio dovessi imitare i francesi, punterei sulla moda”. Un ironico Luciano Monosilio si fa forte del ristorante Pipero al Rex sempre pieno di una clientela soddisfatta e capace di apprezzare la Cucina, quella buona veramente. Suggerisce ad Ilaria Borletti Buitoni una riflessione più oculata e soprattutto fatta a posteriori, dopo aver conosciuto ciò che gli chef sono capaci di fare.
“Negli ultimi cinque anni in Italia si mangia veramente bene. E non parlo solo di ristoranti gourmet, ma anche di locali più semplici. La gente ci crede veramente, c’è un’altissima qualità e sempre più ricerca.” Confida nella forza della gastronomia italiana e ha fiducia in chi la sa riconoscere: “Non credo che le persone si faranno influenzare dalle parole del sottosegretario”.
Anthony Genovese: la politica non ha mai capito di cucina
Tranchant il giudizio dello chef stellato de Il Pagliaccio di Roma che può vantare una lunga frequentazione con la Francia, diciamo il doppio passaporto.”Queste dichiarazioni non mi stupiscono: la politica non ha mai capito niente di cucina e soprattutto non dà mai una mano. All’estero i politici pranzano nei ristoranti stellati e mostrano sempre rispetto per il lavoro degli chef. In Italia, invece, i grandi chef vengono spesso chiamati ladri per i prezzi ritenuti dai più proibitivi, senza avere consapevolezza del lavoro e della cura che precedono ogni piatto. Mangiar bene in Italia significa conoscere il prodotto, avere la possibilità di rintracciarlo. Puntare sempre e solo alla qualità. Al sottosegretario Buitoni chiederei più rispetto per il nostro lavoro”.
Francesco Apreda: indice gastronomico basso
Chiaro e diretto lo chef che dall’alto della scalinata di Trinità dei Monti ha i palazzi della politica ai suoi piedi. “E’ evidente che il Sottosegretario Buitoni non sa quello che dice. Queste dichiarazioni sono indice di un livello di cultura gastronomica molto basso. E’ vero, in giro c’è molta confusione generata dal boom mediatico del settore food. Ma è altrettanto vero che l’enogastronomia italiana sta vivendo un periodo particolarmente felice, testimoniato dal successo all’estero e dalla convivialità diffusa tra i vari chef. Si tratta di uno dei settori forti dell’economia nazionale, che il governo dovrebbe assolutamente incentivare”.
L’Imàgo dell’Hassler ha una stella Michelin ed è ospitato in uno degli alberghi più belli della Capitale, ma non per questo Apreda fa un discorso di nicchia. “In Italia si mangia bene ovunque. Dalla piccola trattoria al grande albergo. Il punto forte del mangiar bene italiano è la tradizione che si rinnova continuamente grazie alla spinta creativa. Non va poi dimenticata l’eccellenza delle materie prime e la possibilità di controllarne la filiera”.
Franco Aliberti: il senso di appartenenza
“La gastronomia è l’unica cosa che ci è rimasta. Siamo capaci di rivalorizzare le cucine di una volta, di re-inventarle, di renderle attuali senza però tralasciare quel senso di famiglia che ci appartiene” Per Franco Aliberti, pastry chef che si sta evolvendo in chef a tutto tondo con l’apertura di un nuovo locale, mangiare bene in Italia oggi significa fare in modo che il cliente scopra tutto quello che c’è dietro ogni singolo ingrediente, anche il più semplice, e riconosca la volontà degli chef di mostrare l’essenza che si cela dietro un piatto.
“Se questo è il modo di Ilaria Borletti Buitoni di metterci alla prova, le renderemo ancora più chiaro quello che siamo già in grado di fare”.
Raffaele Vitale: cucina come economia
“Si tratta di affermazioni fuori luogo. Il Sottosegretario Buitoni, per esempio, dimentica che una delle voci più importanti dell’economia italiana come il turismo è trainato dalla buona cucina nostrana”, spiega lo chef – owner di Casa del Nonno 13 da sempre attento alla valorizzazione del territorio e dei prodotti campani.
“Mangiare bene appartiene al singolo, si basa molto sulla conoscenza dei prodotti, delle tecniche, delle tradizioni. Il piatto è come un libro: si sceglie e si comprende in base al background culturale con cui ci si approccia. In quest’ottica, i piatti semplici sono accessibili a tutti, quelli più complessi ai pochi che riescono ad apprezzarli”.
Dino de Bellis: prodotti italiani soprattutto
In completo disaccordo anche de Bellis, l’oste di periferia come viene indicato dai fan del Salotto Culinario a Roma. “Non ha senso parlare di imitazione della Francia quando moltissimi di noi sono alla ricerca delle tradizioni e tendono a valorizzare prodotti del territorio calmierando i prezzi finali. Peggio ancora la trita e ritrita questione del chi c’è in cucina. L’organizzazione della brigata vale per tutti e anche un oste sa come organizzarsi. D’altronde non era stato uno chef francese a rispondere alla domanda su chi cucinasse quando non c’era lui gli stessi che cucinano quando ci sono? Forse per il Sottosegretario sarebbe il caso di fare un giro per ristoranti. Roma ne offre di eccellenti, comprese le osterie”.
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[Hanno collaborato Antea Raucci e Daniela Dioguardi]