La pizza gourmet con gli scarti della birra di Levyta a Roma
Si parte dalla cucina per parlare della pizza di Levyta, che ha aperto presso il Queen Makeda Grand Pub, pub bistrot in zona San Saba a Roma.
Cucina e pizza nascono infatti sotto l’ala di Gabriele Raimondi, lo chef che cura i vari piatti del pub bistrot, cui è stato chiesto di arricchire l’offerta con un menu basato sulla pizza. “Dite a uno chef di fare la pizza e lo avrete ferito nel profondo” – scherza. Ma fino a un certo punto, perché pizzaioli non ci si improvvisa, e oltre alle competenze in ordine a fermentazioni e cotture, c’è da risolvere il nodo stilistico.
Il Queen Makeda gira intorno alla birra, con le sue 40 spine, proposta in differenti stili e servita nei bicchieri giusti, nonché a una cucina internazionale che in carta offre piatti ispirati alle tradizioni di 7/8 paesi del mondo (molta Asia, ma è la destinazione preferita dello chef…), ed è organizzato per temi invece che per tipo di portata.
Il menu della pizzeria non è da meno, e spazia nei cinque continenti, da cui trae ispirazione per i fritti (dai supplì e fiori di zucca, che non possono mancare su una tavola romana, alle crocchette di patate in stile indiano con kaffir lime, zenzero e salsa agrodolce), i burger, dal marocchino vegano ai felafel, all’ opulenza americana più pura del lussurioso bacon e cheddar, e una ricca selezione di Smorrebrod, le ‘tapas’ in versione svedese.
“Il mio modo di non morire dentro – ride Gabriele – è stato inventarmi un format di pizzeria che a Roma non c’era, che fosse visibilmente in relazione con il tipo di cucina che proponiamo, anche a costo di scontentare qualcuno“. Leggendo tra le righe, significa che se cercate la solita pizza, da Levyta non la troverete.
A partire dall’impasto, che utilizza le trebbie della birra, cioè gli scarti della lavorazione che altrimenti andrebbero buttate. Potremmo menarcela con la cucina circolare, il riciclo intelligente, l’ecosostenibilità, ma – per dirla con Gabriele Raimondi – “In realtà sono composti che contengono molte proteine e amidi, che aiutano la lievitazione e rendono l’impasto leggero e digeribile“.
Vengono aggiunte alla miscela di farina di frumento e di riso, al lievito madre, rinforzato da una minima quantità di lievito di birra secco, e a birra Tripel o Stout, comunque dalle tostature e aromaticità intense. L’impasto così ottenuto riposa un minimo di 48 ore prima di entrare in produzione. Il risultato è un’alveolatura molto definita e ariosa, un esterno croccante e friabile e un interno appena umido, di bella masticabilità, proprio grazie alle trebbie, e dai sentori maltati. “Stiamo lavorando a un impasto nuovo, proprio per esaltare gli aromi delle birre utilizzate, che con l’attuale procedura tendono ad evaporare. Stiamo sperimentando i lieviti esausti delle birre, che sono dei concentrati aromatici e non dovrebbero perdere intensità, per dare ancor piu carattere alle pizze di Levyta.”
Per dare il massimo risalto alla particolarità dell’impasto, le pizze di levyta vengono condite a crudo. Significa che in alternativa alla classica Margherita con le pozze di fiordilatte galleggianti sulla base di pomodoro viene proposta una focaccia bianca con bufala, datterini alla brace e salsa al basilico. “Il nostro impasto deve rimanere croccante e soffice al punto giusto, ma consistente per sostenere lo spicchio con la sua guarnizione“, è la motivazione. Quelle di Levyta sono pizze con una personalità propria, che se fossero vini diremmo da meditazione, più che da abbinamento. Ecco perché vale la pena affidarsi all’estro dello chef e per una sera avventurarsi su accostamenti decisamente insoliti, che spiazzano, incuriosiscono e si lasciano apprezzare morso dopo morso.
Come il kimchi che va a completare una pizza al polpo grigliato, con la sua maionese, alghe e pomodorini grigliati (Polpo grigliato, 12 €), strizzando l’occhio alla cucina coreana.
O lanciando un’assist alla Gran Bretagna, che tra gli addii della Brexit e i pasticciacci nella Royal House, riacquista dignità con un roastbeef fatto a regola d’arte, affiancato dalla giardiniera di verdure home made e dalla salsa verde (Roastbeef & Giardiniera, 11 €).
L’alternativa vegetariana non è meno intrigante, con la zucca e funghi Shitake e Orecchio di Giuda, ricotta vaccina e olio alle erbe. Tra tutte, la mia preferita, dal magnifico contrasto tra dolce, umami e malto (Zucca e funghi, 10 €).
Il tutto, naturalmente, con le proposte di abbinamento del bancone: tantissime spine con birre a rotazione, e stili che si sposano con le caratteristiche di tutti i piatti (non solo delle pizze), presentate e descritte dal personale, informato e disponibile. Anche i dessert, tutti a 6 €, hanno la loro proposta d’abbinamento.
Il tiramisu alla birra, per esempio, che seppure contenga una minima quantità di panna si fa decisamente apprezzare, si abbina meravigliosamente con la Stout.
La Sacher – nella versione rivisitata molto ricca, con diversi strati di marmellata e una ganache a copertura invece della classica glassa – richiede qualcosa di più asciutto come un whisky (sempre di malto parliamo, in carta varie etichette dai 9 ai 12 €).
Cambiamo distillato con la Namelaka, versione signature del Montblanc, composta di mousse di castagne, morbido al cacao, panna e meringhe.
Qui ci vuole qualcosa di più fruttato e morbido, che pulisca e non copra l’insieme, molto delicato. Qualcosa come un ottimo Calvados (6 €), che non è poi cosa frequente trovare in una pizzeria.
Ci si può divertire parecchio da Levyta, a patto di arrivare con un pizzico di curiosità e voglia di sperimentare. Come con i tavoli con lo spillatore diretto, per riempirsi il boccale da soli e a volontà: ce ne sono pochi, meglio prenotare per tempo.
Levyta by Queen Makeda Grand Pub. Via di San Saba 11. Roma. Tel. +39065759608
[Immagini di Nicola Trani]