L’Incannucciata e la Buona Cucina Romana
Dino De Bellis è un volto noto. Lo avete visto nelle trasmissioni di Alice Tv e in giro a cucinare durante eventi e manifestazioni con Andy Luotto, l’uvi arboriano che ha dato libero sfogo alla sua passione per i fornelli con la cucina a domicilio. Non scoprirò nulla di nuovo guidandovi alla scoperta del suo ristorante che chiude idealmente il triangolo d’oro della Buona Scuola Romana nel quadrante nord della città. Praticamente sotto casa mia Luciano Pignataro prima, con l’Acquolina, e Stefano Bonilli poi, con Quinto Quarto, hanno dimostrato che sull’asse Flaminio-Fleming, zona residenziale cresciuta con il boom edilizio degli anni ’60 spesso bistratta gastronomicamente parlando, si può mangiare bene. L’Incannucciata di Dino De Bellis fa da vertice a questo ideale triangolo posizionato com’è all’inizio di Via della Giustiniana nella zona di Prima Porta in cui non ti aspetteresti un locale del genere.
Ma come è arrivato Dino da queste parti? “Sono vissuto qui e per 20 anni ho tenuto il bar Colli d’Oro che da baretto ho evoluto in wine bar e poi in locale di ristorazione compiuto”. Ecco la scuola di Dino – annata ’66, ottima 🙂 Un locale da 180 posti a pranzo sempre full. “Ovviamente avevo una formula pranzo con scelta ridotta, si faceva un solo tipo di pasta anche se era possibile scegliere tra diversi condimenti. Cucina espressa e un lavoro molto complesso per mantenere una qualità buona evitando precotti e amenità varie”. Poi la scelta di coltivare con più attenzione la passione per la cucina. “Io sono autodidatta e volevo recuperare i piatti di mia nonna e delle mie estati che trascorrevo a casa loro”. E di quale cucina si parla, o meglio di quale regione dei nonni. “Sacrofano”. Ok, non siamo su scherzi a parte come qualche romano de’ Roma potrebbe pensare. Sacrofano è a un tiro di schioppo da Prima Porta lungo la Flaminia che imbocchi ritornando verso il raccordo anulare. “Le vacanze una volta si facevano dai nonni e io li avevo a 10 chilometri da casa!”. Ed è dal campo dello zio che escono gli ortaggi della memoria. “Comunque gli altri nonni erano a Priverno e anche lì si mangiava bene”. Mi piace l’idea del fusion de’ noantri con queste immagini che si dipanano lungo i filo della memoria riannodato dall’oste Dino: il latte munto, il pane fatto in casa su cui si spalmava la marmellata, la salsiccia, il premio per la raccolta dell’uva, dei fagiolini, delle patate. Il tutto da rivedere perchè non siamo più negli anni ’60.
All’Incannucciata (il nome è quello della fraschetta che esisteva già negli anni ’50) quello che mi è piaciuto molto, lo avrete intuito, è la millefoglie di manzo con patate. La carne panata è qualcosa che mi porta troppo velocemente a certi banconi di surgelati. E poi la carne di manzo a me piace al sangue. Ma questo piatto, pensato soprattutto per coloro che non amano la carne al sangue, è bello equilibrato. La panatura asciuga gli umori di sangue ma la lascia bella viva e il vino cotto la profuma. Buonissima.
Che si trattasse di una cucina di memoria con più di una punta di innovazione lo avevo capito dal “Per cominciare” della carta. Mi sono subito soffermato sul tortino di broccolo romano con salsiccia su crema di formaggio. Broccoli e salsicce non è proprio la stessa cosa del mio atavico salsicce e friarelli, ma l’assortimento dei sapori è ben riuscito. Un ingresso che stuzzica molto.
Capitolo pasta. Ad aver saputo che il benchmark sarebbe stata la carbonara, mi ci sarei tuffato con decisione. Ma l’idea di proporre qualcosa meno tradizionale (e il fuori carta di Dino è un inno alla cucina romana) ai visitatori di queste pagine mi ha spinto verso le mezze maniche al torchio con n’duja, melanzane, pomodorini, caprino e liquirizia. L’idea mi sembra ottima, ma il risultato pecca secondo me sul caprino che si scioglie troppo e finisce con l’annacquare il fondo. Un peccato perchè la correzione alla n’duja la rende alla portata anche dei palati che meno sopportano le note violente. Da perfezionare, ma da assaggiare.
Non mi andava che si potesse pensare che Dino non abbia a cuore i pastaioli come me e quindi chiedo uno dei cavalli di battaglia: uno spaghetto Benedetto Cavalieri cacio e pepe. La musica cambia immediatamente e mi riporto sulle vette che tanto mi piacciono. Giusto un attimo di collosità maggiore del cacio (ma qui suppongo sia questione di gusto) e di croccantezza accentuata per essere annoverati nella schiera dei perfetti. Arriva il millefoglie di manzo che mi sembra essere il piatto del giorno. Poi per chiudere l’irrinunciabile (nel senso che dalla carta proprio non si può togliere) tortino di cioccolato con cuore caldo.
Dino parla del passaparola che gli ha permesso di far crescere il numero di clienti che arrivano fin qui anche da altre parti di Roma. Una voce la darò anch’io e non solo perchè mi fa piacere avere un vero ristorante a due passi da casa nel nuovo triangolo d’oro. A proposito, dimenticavo, la carta dei vini può essere allargata a piacimento perchè Dino è sostenitore della filosofia bevi quello che più ti piace. Nel suo ristorante, infatti, è ammesso portare il vino da casa. L’evoluzione della fraschetta, guarda un po’ te.
Antica Osteria L’Incannucciata. Via della Giustiniana, 5 – Roma. Tel. 0039 06.45424282 www.incannucciata.com
Foto: Francesco Arena