La pizza su Report: anteprima della puntata del 21 novembre 2022
Lunedì 21 novembre su Report va in onda una nuova puntata sulla pizza napoletana. L’inchiesta giornalistica è di Bernardo Iovene e si riallaccia alla famosa puntata del 2014. Otto anni fa il servizio “Non bruciamoci la pizza” sollevò un polverone con infinite polemiche sul taglio (e i presunti tagli sfavorevoli) dell’inchiesta. Bernardo Iovene mise a nudo la pizza, non solo quella napoletana, anche se soprattutto a Napoli ci fu una levata di scudi in difesa di quello che si riteneva un moloch intoccabile (al pari del caffè). Ma gli assaggi casuali non davano spazio a dubbi. Da nord al sud della Penisola, da Milano a Napoli passando per Venezia, Firenze e Roma la pizza non era in buona salute. E non solo per le ripetute bruciature e affumicature indesiderate.
Otto anni sono un’era geologica per il mondo della pizza che ha ricevuto una poderosa spinta in avanti proprio da quello storico servizio di Report. L’inchiesta di Bernardo Iovene diventa subito lo spartiacque tra una pizza e una buona pizza. Nonostante gli attacchi a lui e all’assaggiatore (cioè io) da parte di giornalisti, associazioni, pizzaioli, critici.
Un fuoco di fila che non ha centrato l’obiettivo come ricorda il post del 7 ottobre e come dimostra l’evoluzione della pizza a Napoli che è e resta la capitale per primogenitura e densità di pizzerie. Lo scettro della pizza migliore, invece, è contesa da altre città, in primis Caserta, ma anche al nord con Verona che fa da capofila “estera”. Un paradosso, questo del confronto tra Napoli e Verona, che fa il paio con un altro prodotto tipico, il panettone. Come c’è un ottimo panettone al sud, così c’è un’ottima pizza al nord.
Cosa vedremo nella puntata di Report sulla pizza
Cosa ci riserverà la nuova puntata sulla pizza di Report? Possiamo intuire qualche passaggio dai video promo diffusi su Facebook.
A partire dal lancio di Sigfrido Ranucci del 16 novembre che elenca i temi della puntata. Ecco il testo del video che vedete qui.
“Pizze più digeribili cotte meglio. Forni più puliti. La lezione di Report di 8 anni fa a dispetto delle polemiche è servita e la pizza di Napoli è tornata al centro del mondo ma si può ancora perfezionare. Report torna sulla pizza, anche quella di Briatore”. È l’annuncio della voce fuori campo che ricorda l’appuntamento il 21 novembre.
Sigfrido Ranucci in studio va subito al cuore della puntata. “Se mangiamo una pizza migliore è anche un po’ merito nostro”.
Ecco la prima chiave di lettura. Se vogliamo migliorativa rispetto al non c’è limite al peggio che molti si aspettano da Report. Che non diventerà un “Quattro Pizzerie”, ma la ricerca dei miglioramenti dovrebbe mettere in primo piano le eccellenze. [Aggiornamento: qui la puntata andata in onda con i promossi e i bocciati]
Certo, quel “Che fine ha fatto la vera pizza” (il post è sempre quello del 7 ottobre) ha tante possibili interpretazioni. A partire dalla presunta superiorità di tutte le pizze napoletane sfornate a Napoli sul resto del mondo. E con essa l’idea che la tradizione, il “si fa così perché così facevano i miei avi”, sia l’unica garante della pizza migliore.
Di carne pizza sul fuoco di Report ce n’è. Il perimetro di indagine è limitato rispetto al 2014 alla pizza napoletana “che torna al centro del mondo”, come annunciato dal promo. E con essa i protagonisti della pizza napoletana che è diventata un po’ migliore.
Gli antefatti della nuova puntata: il prezzo della pizza
Scorrendo la timeline della pagina Facebook di Report vediamo altri annunci e anteprime. Lanciati anche sull’onda dei trend e delle notizie del momento.
Come la pillola video dell’intervista a Alessandro Condurro della pizzeria Da Michele a Forcella. Il tema è il prezzo della margherita che ha creato non pochi mal di pancia a Napoli. Da Michele costa ancora 5 €, ma non è così nelle altre pizzerie del franchising Michele in The World (e nemmeno a Salerno, filiale diretta). Infatti la stessa margherita, con gli ingredienti degli stessi fornitori, costa 10 €, il doppio. Che diventano 18 € in Giappone e ben 60 € in Arabia Saudita. Sarà la risposta alla fatidica domanda “quanto deve costare una pizza?”.
Le farine alternative per la pizza napoletana nella puntata di Report
Se si parla di protagonisti della pizza napoletana, su Report non può mancare Gino Sorbillo. Il video del 17 novembre su Facebook parte dalla nota di colore del cantante che abita di fianco alla pizzeria di via Tribunali e invita i passanti ad assaggiare la pizza di Sorbillo. Il testo recita: “Nel 2014 realizzammo una puntata ormai storica sulla pizza, denunciammo approssimazione sugli impasti, sugli ingredienti, sull’uso disinvolto dei forni a legna che arrivavano a carbonizzare le farine rendendole tossiche. Dopo otto anni siamo tornati a Napoli per capire che cosa è cambiato”. Anche in questo caso si discute di prezzo della pizza. La margherita di Sorbillo ai Tribunali costa 5 € ma non è così in tutte le sedi sparse in Italia e nel mondo.
E sono cambiate le farine “ammesse” rispetto alla tradizione. Non solo la 00 e la 0 ma anche la Tipo 1. Un’eresia, 8 anni fa, proporre una pizza con farine poco abburattate che all’epoca mi fece venire l’idea di un tour sulla pizza “Integralmente mia” con Davide Civitiello, Ciro Oliva, Teresa Iorio e il supporto di Rossopomodoro.
E, appunto, Gino Sorbillo che spiega il cambiamento. Ora utilizza la farina Tipo 1 ed è una scelta dovuta proprio alla famosa puntata di Report sulla pizza nel 2014. Anche Bernardo Iovene, insomma, aveva sdoganato l’utilizzo di farine definite “alternative” rispetto alla tradizione. O a quello che si è ritenuto tradizionale. Oggi sorridiamo per questa innovazione che però ha contribuito all’affermazione del movimento della pizza contemporanea.
Report ha sdoganato il forno a gas per la pizza napoletana
L’altra novità è il forno a gas. Sempre in via Tribunali, c’è il passaggio nella pizzeria Portico per scoprire che non esiste solo il forno a legna per la pizza napoletana. Il gas ha il vantaggio di non creare quel fumo che divenne uno dei principali motivi di polemica nel 2014. Gli incombusti che ricadono sulla pizza sono cancerogeni e non è possibile cuocere la pizza nella cortina di nerofumo generato dalla continua immissione di legna per mantenere alta la temperatura.
Il calore deve essere “bianco”, quindi l’avvertimento è sempre lo stesso. Rifuggite da quelle pizzerie che affumicano la pizza nel nero della volta. E non esiste nemmeno la falsa convinzione che il forno possa donare il profumo della legna alla pizza. Se accade, vuol dire che la pizza è bruciata o, meglio, ha residui incombusti su disco e farcitura. Altro che pizza stampata a mestiere. Come conferma Antonio Pace, presidente dell’AVPN in un’altra pillola video di anticipazione. “Il fumo assolutamente non ci deve essere. Il giorno che si sente il profumo della legna sulla pizza ci arrestano perché significa che si sono finiti gli idrocarburi della combustione sopra”. Fine delle trasmissioni sui profumi e sdoganato il forno a gas. Anche se il forno della pizzeria Di Matteo ai Tribunali non è proprio il migliore esempio. Bocciato.
Via libera al forno elettrico a bocca aperta
Via libera anche allo sdoganamento del forno elettrico a bocca aperta in puro stile napoletano. Antonio Pace mostra la targhetta del forno elettrico “approvato”. Non è un’approvazione generica dell’elettricità come lascia intendere a Bernardo Iovene. Il regolamento AVPN, che ovviamente non può modificare unilateralmente il disciplinare ufficiale della Pizza Napoletana STG in positivo o in negativo, indica la lista dei fornitori “approvati” per la deroga. Questione di marca e di sponsor.
Non rientra tra i forni elettrici approvati quello utilizzato dalla pizzeria Palazzo Petrucci, la prima pizzeria a Napoli ad utilizzare il forno elettrico senza nasconderlo (e qui avete la storia con riferimento proprio alla puntata del 2014). Davide Ruotolo, il giovane pizzaiolo pluripremiato e vice campione del mondo di pizza contemporanea, e Edoardo Trotta, patron della pizzeria e del ristorante, sono i protagonisti di un altro video di lancio. Che sdogana il forno elettrico per la pizza napoletana insieme, repetita iuvant, alla farina Tipo 1 e a impasti molto idratati. Ovviamente nessuno si accorge che la pizza è cotta in un forno elettrico.
E qui viene in ballo l’aumento dei prezzi dell’energia elettrica che dovrebbe penalizzare il forno elettrico. Invece, nonostante un aumento della bolletta da 1.884 € dell’anno scorso a 11.114 € di quest’anno, Edoardo Trotta lo considera vincente per motivi di ordine economico. E noi consumatori seriali di pizza possiamo essere sicuri che non ci saranno incombusti. Il fornaio può solo bruciare la pizza. Il forno elettrico non è un forno automatico ma stabilizza le prestazioni. Anche meglio del forno a gas. La pizza di Palazzo Petrucci è approvata a pieni voti.
L’olio extravergine di oliva e la farina al meglio della loro forma
Come lo è la pizza di Ciro Salvo che ha due frecce eccezionali al suo arco.
“Oltre all’attenzione alla cottura per fare un buona pizza servono ingredienti di qualità. Siamo tornati nella pizzeria 50 Kalò di Ciro Salvo, dove eravamo già stati otto anni fa. Dall’olio alla farina ogni ingrediente è tracciato con estrema precisione”. Così recita il testo di accompagnamento al video del promo della puntata di Report sulla pizza.
Oltre agli studi nel laboratorio della farina di Napoli, c’è un perfezionamento empirico nelle pizzerie sia di Davide Civitiello che di Ciro Salvo. Uno dei protagonisti della puntata del 2014. “Mi ricordo perfettamente. Forse quello è stato l’anno zero. C’è stata una crescita esponenziale, incredibile”, spiega Ciro Salvo. Che usa una farina di solo grano italiano, quella che gli ha permesso di realizzare la pizza che ho definito “di memoria“. Una farina Grano Nostrum per una pizza autenticamente nostra, cioè napoletana.
E oltre alla farina, anche tutti gli altri ingredienti sono tracciati. Bernardo Iovene non si fa remore e afferma che nell’utilizzo dell’olio Ciro Salvo è un vero e proprio maniaco. L’olio extravergine di oliva che non è contenuto nell’oliera di rame troppo spesso ricettacolo di rancido. Ma è messo a fine cottura direttamente dalle bottiglie di piccolo formato di ogni singolo produttore. “L’olio deve stare nella bottiglia. Finita la bottiglia si butta e si apre un’altra bottiglia”. Quindi, fate a meno di un gesto che ormai è solo folklore.
La pizza contemporanea su Report
Il ritorno a Napoli di Report è una bella sorpresa per Napoli e la pizza. Sarà questa la conclusione? Bernardo Iovene riceve endorsement e riconoscimenti della validità delle indicazioni della puntata del 2014 da diversi pizzaioli. Esponenti della pizza tradizionale e di quella contemporanea senza distinzione. Aveva ragione e, permettetemi, avevo ragione a non essere convinto di molti, troppi, assaggi di pizze improbabili e inquietanti. Impasti assurdi, ingredienti mediocri, forni che non si pulivano, pomodori non pervenuti, latticini plastici.
Gino Sorbillo, Vincenzo Capuano, Diego Vitagliano, Ciro Salvo, Salvatore Lioniello confermano quello che negli anni ho sempre ripetuto. La puntata di Report del 2014 sulla pizza è uno spartiacque. La pizza prima di Report e la pizza dopo Report. Anche per me che nella continua ricerca della pizza migliore in fondo tralasciavo il quotidiano di pizze fatte a caso, ma ben più diffuse e mangiate in tutta Italia. Un bagno diciamo di umiltà di cui devo ringraziare Report per avermi fatto allargare lo sguardo agli ennemila clienti di pizze e pizzerie non meritevoli di recensioni.
L’attenzione per la farina semi integrale, la critica alla tradizione, il forno elettrico, la pizza canotto, la pizza contemporanea, il fiordilatte di qualità superiore, la ricerca di pomodori veri sono figlie di quella puntata. Che hanno generato spesso e volentieri critiche feroci. Ma vedremo con la puntata intera come si riavvolgerà il nastro dei ricordi e delle innovazioni.
Quante cose sono cambiate dalla puntata di Report del 2014 sulla pizza
Tanta acqua (farina, poco lievito e poco sale) è passata sotto i ponti della pizza da quella puntata di Report dell’autunno del 2014. E dagli assaggi che restituirono un quadro impietoso della pizza.
In mezzo c’è la nuova consapevolezza di pizzaioli e consumatori che vogliono una pizza migliore. Abbiamo registrato la nascita di una nuova generazione di pizze e di pizzaioli. L’arte del pizzaiuolo napoletano – non la pizza – ha ricevuto il riconoscimento Unesco. Mentre sembra definitivamente affondata la costituzione di un consorzio che tuteli veramente la pizza napoletana STG.
I pizzaioli napoletani si sono arresi alle classifiche che dileggiavano a piè sospinto con l’affermazione che tutte le pizze sono buone e tutti i pizzaioli bravi alla stessa maniera. Le loro affettuosità pizzesche a base di “brò” e “fratm” (fratelli di pizza) si sono disciolte come neve al sole e sono diventati i più forti sostenitori delle classifiche. Come dimostra il successo di 50 Top Pizza che ha quasi mandato in soffitta la guida del Gambero Rosso. Per un posto migliore nella classifica sono disposti a cambiare fornitori, tessere alleanze, modificare la triplice divina impasto – farcitura – cottura. Argomenti da saga di guerra con episodi che a volte sfiorano il ridicolo.
Vincono, però, pizze e pizzaioli autentici che hanno a cuore il benessere dei clienti anche se le storpiature social continuano a imperversare. La puntata del 21 novembre, mi auspico, farà un punto della situazione con la speranza che siano più i promossi che i bocciati. L’effetto bolla che scoppia non c’è stato nel mondo pizza che continua a progredire e a macinare numeri importanti. Nonostante lockdown, restrizioni, guerra e aumento dei prezzi di materie prime ed energia.
Il check
Sarà l’occasione per verificare i cambiamenti della pizza napoletana auspicati nella puntata di Report del 2014.
- La pizza buona vince sempre
- La professionalità e la trasparenza vincono sempre
- Le farine alternative non sono solo marketing
- Pomodoro, olio, fiordilatte, mozzarella e gli altri ingredienti devono essere tracciati
- Il disciplinare della pizza non può essere solo una citazione
- L’olio extravergine di oliva non è più pesante degli altri oli
- Bruciacchiato non è bello
- La pizza al fumo non è cosa buona e giusta
- Le oliere vanno pulite
- Il forno – a legna, a gas, elettrico – va pulito
C’è ancora qualcuno che ha dubbi sulla bontà delle indicazioni del 2014? Ah, sì. Manca Briatore 😉