Il numero 10 scende in campo a Firenze
Firenze. Sì lo so, sarò accusato di conflitto di interessi, di aver avuto un occhio di riguardo, di parlare di un ristorante fuori dai giri guidaroli, di aver varcato la soglia di un locale da 120, diconsi centoventi posti. Sacrilegio, si può cucinare bene in un ristorante che sforna a grande gettito e per giunta andarci di sabato quando c’è la 3a guerra mondiale in atto?
Come stai Lisa? “Come vuoi he sia? Oggi si combatte”. Ma dove sei? “Oh bellino dove vuoi che sia alle 2 e mezza di sabato? Al ristorante”. Ah bene. Io sono a piazza della Calza e ora vengo da te a fare un servizio. Scarico attrezzatura e mangio. “Ma dico, proprio di sabato, con tutti i giorni della settimana”. In verità, Lisa mi ci stava mandando, ma poi si è convinta quando le ho detto che dopo una settimana un po’ sotto tono avevo necessità di un pacchero croccante. E che non poteva rifiutare di far da mangiare a un pellegrino di ritorno verso Roma.
Il Muna(ciello) è il locale da cui fuggiresti. Cosa ti potresti aspettare da un ristorante napoletano nel mezzo di Santo Spirito a due passi da Palazzo Pitti e da Pontevecchio che per giunta sforna pure pizze? Ma ci vuole la ribollita, la pappa al pomodoro, una fiorentina (ovviamente da Burde!), al massimo i fascioli all’uccelletto, non certo il pacchero di Gragnano. Solo che bisogna conoscere Lisa, talebana fiorentina con amicizie partenopee di rango gastronomico e rappresentante professionista (perchè dei fornelli ha fatto la sua professione anche se aveva studiato per tutte altre cose) del gruppo noto come “Le Streghe”. Orbene, questa gentile madonna fiorentina, che ha messo al bando bevande gassate e nutella dal menu del povero figliolo adolescente costretto ad annegare i suoi dispiaceri nelle scaloppe di foie gras, ha un chiodo fisso: qualità degli alimenti. Ciò è dovuto anche alla rigida formazione del padre che aveva diverse gastronomie con tavola di cucina vera toscana. “A 14 anni mi ha regalato l’abbonamento alla Cucina Italiana perchè mi era caduto il mito di Lisa Biondi e mi ero dirottata sul libricino della Bertolini per le ricette dei dolci”. Sì perchè la Lisa inizia il percorso come cuoca pasticciera. Il Muna comunque ti colpisce, non fosse altro che è ricavato nelle scuderie dell’antico spedale di Santo Spirito. E l’ambientazione napoletana, non l’avrei mai detto, si intona pure. Merito delle opere dei Fratelli Ferrigno che hanno preparato anche il presepe che nel tempo suo ha uno spazio dedicato nel gazebo sfrattando qualche tavolino.
E all’ingresso, lo scartellato, il portafortuna dell’antico rito scaramantico, deve aver portato bene a questo locale nato il 19 settembre del 2005 (San Gennaro). Nella sala grande, un angelo di grandi dimensioni sembra sorvegliare il traffico frenetico delle ragazze che volteggiano tra i tavoli e i movimenti cadenzati di Carmine che sforna pizze dal forno a legna.
Lisa dirige con l’aiuto del suo secondo Ranjan che viene dallo Sri Lanka ed è ormai convertito alla causa napoletana, vigile anche la maglietta dell’unico giocatore che la storia ricordi come migliore di qualcun altro. Mi sento a casa, e ancor di più quando Lisa mi scodella due stuzzichini sul tavolo: paste cresciute.
Che sono pure buone, anzi di più e danno il primo colpo al mio essere prevenuto per questo a-topico locale. Spazzolati in un attimo. Buoni, grazie, ottima salatura e cuore morbido il giusto, anzi molto giusto. “Hai paura che non ti faccia mangiare? Non dire bugie, mi raccomando”. E che bugie vuoi dire? Ecco gli antipasti, anzi l’antipasto Munaciello di mare. Nome quasi orrendo che ti fa presagire miscellanee non meglio identificate. Col cavolo: tolto il cannolo di pane e ricotta un po’ anonimo, l’arancino con cuore di cozza e risotto nel fumetto di pesce è gustoso. La triglia fritta avrebbe bisogno di un fiordilatte maggiormente all’altezza della delicata frittura mentre il gambero affonda in una salsa fresca di San Marzano che ti dispiacerebbe lasciarla lì. E per fortuna arriva il conforto di un coppetiello di calamaretti (freschi freschi) che ti permette di raccoglierla tutta.
L’avvio è di quelli scoppiettanti, insomma, e Lisa piazza uno dei suoi primi. Nastri di pasta fresca fatta in casa (la farina è del Molino Quaglia) con pomodoro del piennolo e stracciatella, che fa il paio con l’onnipresente burrata. Ma come non leggi che tutti i cuochetti d’Italia mettono burrata e stracciatella che non c’entra nulla solo per fare un po’ di moda? “Zitto e mangia, chissenefrega e poi mi dici se ci stava bene. Qui facciamo un sacco di cose in casa: gnocchi, pane, sorbetti”. Ma io volevo i paccheri. “La pasta fresca qui serve perchè se 100 vogliono la pasta io non li faccio attendere più di tanto”. Vabbè, vediamo questi nastri che…cacchio ma sono buoni e ci sta pure bene la stracciatella. Azzardo un ‘li avrei presi anche senza la stracciatella che questo pomodoro mi sembra tanto buono’ e quasi mi becco un coltello vagante.
Una giovane fanciulla che ha da poco dribblato la capa arriva con i tanto agognati paccheri, qui del Pastificio dei Campi, preparati con patate, guanciale affumicato, grana e lardo di Colonnata (“vero Dop, non finto”). Ma guarda quant’è brava questa fiorentina a mantenere scrocchiarello il pacchero che ti ingolosisce perchè riesce anche a mantecarlo nonostante lo abbia tirato fuori un minutello prima. La mia devozione per i massimi rappresentanti della cottura del pacchero possono ora dirsi completati dalla presenza di una fanciulla. (la ricetta la trovate qui)
Carmine, intanto, mi spiega da dove viene. E io dico, vabbè che noi napoletani siamo un po’ ovunque, vabbè che il mondo è piccolo, ma è possibile che a Firenze a distanza di un quarto di secolo ti becco il figlio del proprietario della pizzeria di Piazza Sannazaro a Napoli! Come stai, come non stai, bisogna pur fare un assaggio della pizza di Carmine Candito. Vabbè, vada per la Munaciello (e daje con sta fantasia nella scelta dei nomi) che è una pomodorini, rucola e ciliegina di bufala, ovvero il più trito che c’è.
Carmine è pizzaiolo di lungo corso e mi scodella una lievitata giusta. Meno giusta purtroppo è la cottura. “E a volte succede”, ma come stiamo a difendere la squadra? Mi affaccio sulla bocca del forno. Ok ecco la colpa, dimensioni sbagliate, niente mattoncini piano interrotto e scommettiamo? “Niente sale. Ma ad agosto lo cambiano, lo rifanno”. E meno male perchè la pizza non è che mi faccia impazzire anche se sono in molti a prenderla come… secondo.
“Cosa vuoi assaggiare di secondo? Un guazzetto?”. Lisa, ho fatto fuori due portate non proprio da nouvelle cuisine, e quindi dico stop. “I dolci li assaggi perchè li so fare”. Per la verità non è che i primi fossero male…. Vabbè assaggino. Si come no. Mi arriva una leggera millefoglie croccante di ricotta e pere. Ha ragione, i dolci li sa fare.
E mi scucchiaio anche il gelato allo yogurt curato nell’assemblaggio dei sapori fino alla mentuccia. Alzo bandiera bianca, sono satollo. “E il satine di Giovanna Hermé in bicchiere non lo vuoi assaggiare?” E come potrei dire di no all’altra Strega che è andata fino a Parigi a rubare il segreto di questo cheese cake alla francese. Che buono.
Chiudo con un goccio di liquore al finocchietto. Guardo il locale che trasuda di napoletanità da tutti i pori. Eppure Duccio Cantini e Leandro Bisenzi non sono napoletani. Amore per un’altra città perchè altrimenti non avrebbe senso mettere su un ristorante come il Muna che non è una copia sbiadita modello tagliatelle bolognesi o spagetti e mandolino per turisti. Sorseggio il finocchietto che è una di quelle cose anni ’80. Manca solo di alzarmi dal tavolino della pizzeria vicino Port’Alba e inforcare il cinquantino per risalire su dal Museo su fino al Vomero. Parecchi lustri fa, quando ancora esisteva il vero San Marzano e la pasta veniva tutta da Gragnano. Ritrovare quei sapori Oltrarno. E chi se lo sarebbe aspettato…
O’ Munaciello. Via Maffia 31-33 rosso 50125 Firenze. Tel +39.055.287198 www.munaciello.it
Foto: Francesco Arena