Un marziano a Roma/68 Partenza a razzo per gli osti a 4 mani
Per le tante telefonate che Qwerty ha fatto, una potrà partire dalla Terra. Si va in missione speciale a beccare con le mani nel sacco i protagonisti del Salotto Culinario, zona sud-est di Roma, che in un anno ha visto un vorticoso avvicendarsi.
“Andiamo a vedere Dino de Bellis e Massimiliano Sepe che sono appena arrivati ai fornelli e non hanno avuto nemmeno il tempo di stamparlo il menu”.
“Ma come”, gracchia la voce chiaramente insonnolita, “non è il giorno di cibo romano, non si va a un ristorante appena aperto e per giunta ci sono due chef per cui non può funzionare visto che è acclarato che lo chef è capo assoluto?”
Le rigidità centauriane sono sempre temibili. In un mondo in cui tutto gira vorticosamente e che cerca di trovare una sua identità gastronomica provando a convocare gli Stati Generali della Panza (cit.) vogliamo formalizzarci?
Il Salotto Culinario è ospitato nel castelletto a prova di sbadato lungo l’asse che da Roma mena a Frascati. Impossibile non accorgersi della sua presenza.
Mezza televisione gastronomica si è data appuntamento qui. Massimiliano Sepe ha reso possibili (e guardabili) i piatti della fiction Benvenuti a Tavola – Nord vs Sud che nemmeno Matrix riuscirà ad affondare. Dino de Bellis è a Cuochi e Fiamme presentato da Simone Rugiati. Il locale non ha cambiato faccia con il suo lungo tavolo di legno, le lampade che punteggiano il soffitto nella stessa tonalità scura delle pareti e la cucina a vista.
Dove si muovono de Bellis e Sepe che hanno varato la nuova formula Osti a 4 mani. Via il maître dalla sala (c’è solo una cameriera) a servire e a illustrare i piatti saranno direttamente i due osti.
“Secondo me non funziona”, si lancia in un funesto presagio Qwerty, “Quanto ci metteranno a litigare e a dire che il piatto migliore è il proprio?”
“Secondo me funziona perché hanno trascorso un’estate in due camper che si fronteggiavano nella produzione dei due programmi televisivi e parlano la stessa lingua”. In realtà de Bellis è terragno di Sacrofano (e può contare su 6 ettari alle porte di Roma), mentre Sepe arriva da Fondi ed è più votato al mare. In pratica si bilanciano al meglio tra piatti e percorsi che possono diventare complementari. E infatti, lo sono.
Il menu prevede un percorso di terra (5 portate) a 35 € e uno di mare (4 portate) a 45 €. Quelli che vogliono incrociare hanno a disposizione un degustazione da 55 € (7 portate). Ci accomodiamo per seguire un percorso completo con qualche variazione dettata dalla giornata. Come ogni osteria che si rispetti, la lavagna indicherà piatti del giorno realizzati con quello di meglio che si trova a buon mercato. Saggia idea anti crisi per evitare di pagare troppo la materia prima.
E che di materia prima importante, solida e genuina si tratti lo comprendiamo appena arriva la prima entrée, un trittico di crudo con gobetti, mazzancolle e pesce stella. Tre quadratini tre che spingono su un sapore deciso e intenso. Poca tecnica ma molta sostanza.
Ribadita anche dal bottone di salmone marinato nell’arancia ma soprattutto per la freschezza del cetriolo sottostante, spumeggiante e inatteso.
Matera, materia e ancora materia. La ricciola della tartare ha smesso di nuotare da qualche ora. Il 25 aprile era festa e Massimiliano Sepe ha fatto spesa a Fondi. Non si è limitato alla pescheria e alle barche perché ha razziato anche gli orti dei parenti fino al terzo grado. Maggiorana e sorbetto pungono, mango e pomodoro accompagnano.
Insalata di mare tiepida? Un rischio. Il caldo può solo che sottolineare difetti della materia prima. Ma qui c’è solo da enfatizzare. Seppie e gamberi sono una delizia, il limone si avverte ma non è invadente, l’olio monovarietale itrano di Paolo Orsini ci sta benissimo e anche la rucola tira decisa (“anche se è coltivata da mia zia e non è spontanea”). Forchettate intense.
Vado subito fuori carta con una tempura multipla. I calamari sono delicatissimi e l’olio sembra aver catturato tutta la loro freschezza.
Gioco, quadratura del cerchio per aver lasciato intenso e intonso il profumo di mare. Passo alla verdura solo un pelino al di sotto dello standard appena raggiunto.
Ma mi rinfranco immediatamente con il totano rosso che occhieggia all’altra estremità del piatto. Ancora netto e preciso il sapore di una giornata di pesca. Mi chiedo solo se gli standard di approvvigionamento saranno sempre così espressi. Dalla cucina ostentano sicurezza: la rete di amicizie con autotrasportatori è testata.
Continuiamo a frugare negli orti. Questa volta i broccoli sono di un suocero che li cura amorevolmente. Arrivano nel piatto ad accompagnare i vermicelli di Pastai Gragnanesi arricchiti da peperoni, mazzancolle (che ho visto muoversi da sole sul banco), gamberi e calamari. Buoni, anche di più.
Ecco un altro classico da tavola di mare che si riversa in città: linguine al nero di seppia. Dimenticatevi barattoli e surrogati buoni solo a dipingere la bocca. Qui si utilizza il sacchetto da fresco addirittura e lo si lavora all’ancienne. Sapidità propria, linguina al dente, seppia da manuale. Impossibile chiedere di più.
Nell’incrocio di mani, arriva anche uno gnocchetto per festeggiare l’arrivo della primavera (e prima che si scateni il caldo micidiale): vignarola. Gagliarda e precisa. MI dimentico solo di annotare le provenienze, ma sempre di orti suburbani si tratta.
Non possiamo alzare bandiera bianca davanti al coniglio sapientemente porchettato. Piatto piuttosto burino, mi dicono, ma da sempre piacevole e qui reso anche elegante con l’accompagnamento di agrume e finocchio.
Un veloce predessert continua a distendere il filo della campagna con il sorbetto di datterino, burrata e maggiorana. Lo vorrei leggermente meno dolce.
Chiudiamo, satolli, con una panna cotta. Preparata con una camomilla super profumata ben bilanciata dall’acidità dei frutti di bosco. Piatto semplice ma che soddisfa ampiamente.
Come piace questa nuova formula degli osti che si raddoppiano pronti a consigliare il tavolo e a riportare direttamente le impressioni nei piatti che preparano. Non è poco e potrebbe essere un nuovo modo di fare cucina al tempo del rinnovamento che molti chiedono insistentemente.
Anche Qwerty esce convinto da questa prova. Se la somma è una sintesi e non un semplice sommatoria di pere e mele. traccia una filosofia chiara. In questo caso, ricchezza della materia prima e semplicità dei piatti con un costo adeguato alle scelte territoriali (Tartare di mare 14 €, Insalata tiepida 12 €, Linguine al nero di seppia 14 €, Coniglio in porchetta 15 €, Pannacotta 8 €).
Se la linea di approvvigionamento sarà sempre questa come anche la resa nel piatto, potremmo assegnare al Salotto dei due osti
da confermare a rodaggio avvenuto.
Intanto stasera, serata Slow Food dedicata a Tognazzi e mercoledì 2 maggio debutto con una serata a sorpresa e menu in cui appariranno alcuni di questi piatti. Se andate, fate sapere al marziano come siete stati?
Salotto Culinario. Via Tuscolana, 1199. Roma. Tel. +39 06.72633173
(Big Picture: le foto possono essere ingrandite cliccando sull’immagine)